What have you won? What DID you win? (inciso sul vinile).
Bizzarro, inaspettato, rivelatore di quella parte miserabile di noi stessi che non vorremmo mai vedere ma che in finale si basa la nostra esistenza. Il fastidio e l' antipatia del non previsto, lo specchio del nostro capriccio, lo smascheramento della corsa ad essere raffinati che cozza nel constatare la nostra mediocrità, la messa in suono dei nostri infernetti personali tanto più negativi quanto indotti esclusivamente da influenze esterne che ci precludono uno sviluppo della nostra leggenda personale.
E Peter Catham è lì a fare il giullare dimostrando la realtà delle possessioni che ci comandano comunicandocele attraverso una fastidiosa sveglia facendoci lo scherzetto di creare una colonna sonora del chaos in cui siamo immersi, i suoni vacui che ci circondano che illusoriamente scambiamo per grandiose sinfonie. Sgamato l' ego di ognuno di noi che dà voce solo al corpo e alla rincorsa dei piaceri materiali, le architetture sonore scoprono il rumore dei pensieri indotti, il giullare prende in giro tutti pesantemente con le sue scorribande nel non pensiero che attraverso il simbolismo eclatante della "bocca di un uomo" mirano a instillare barlumi di verità pura attraverso il rumore del logos. Uno sberleffo per avere una qualche speranza di comprensione, cosa che se fatta direttamente potrebbe solo provocare un rifiuto assoluto: l' uomo riconosce sempre la verità ma nella quasi totalità dei casi non è pronto ad accettarla.
Il nostro autore già dal 1987, data dell' uscita dell' autoprodotto (come poteva essere altrimenti) disco, precede la crisi d' identità provocata dalla mercificazione di ogni cosa cercando, con la sua musica, gocce di un invisibile antidoto psichico che cerca di contrastare con la sua trance deflagrante il buco nero dove l' essere umano è triturato sempre più. La coerenza del progetto musicale è disarmante e pone la performance come uno dei più stimolanti lavori di quella branca più "eclettica" della scena trance californiana degli anni '80 (Cold Blue Records, Brent Wilcox, John Trubee, Carl Stone).
Le "canzoni" risultano schizzi impazziti, confessioni al limite della disintegrazione, stati d' animo dove per mancanza di qualsiasi prospettiva rimbalzano su un muro di desolazione, collage stroboscopici dove un eco inascoltato zigzaga all' infinito. Lucidamente tutto il disco è ammantato di una patina orrorifica clownesca ma che risulta angosciosamente impersonale annullando qualsivoglia associazione.
È fondamentale per il Sovrano la presenza del buffone che col costante rumore proveniente dai campanellini del suo copricapo ricorda continuamente che "il Re è nudo!" E su questo Catham con la sua smorfia, in copertina e dentro la musica, assolve al meglio la proposta indigesta di chi non può fare altro che girare, da puro saltimbanco vestito di verde e rosso, a "bocca aperta" con in mano una maschera che raffigura il suo (?) volto: l' "aborto musicale" genera uno specchio contro specchio.
Delirî consapevoli, per stomaci forti.
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