“Ovo” (parte II e ultima), la storia dell’umanità…
Arrivai in Debaser con un album, “Ovo”, ma la mia non volle essere una recensione, ma un’opinione personale della capacità d’espressione della musica e di ciò che in quel momento spontaneamente sentivo, …. così son fatta.
Per Peter otto anni di silenzio prima di arrivare ad “Ovo”, in senso generale non è uno dei suoi capolavori, ma per me è da 7 stelle.
“Downside up”, per non dire di “Make Tommorow”, “Low Light” 6,37 minuti di profondo e totale rimpianto e di straordinaria bellezza, “Father Son” intensissima testimonianza del dolore per la perdita di una parte insostituibile della tua vita e in “White Ashes” dove duetta con Omi Hall, come un tempo fece con Kate Bush, e per tutti gli altri brani, fare delle differenze, è alquanto difficile.
Sono tutti brani composti e prodotti da lui, ma oltre a se stesso, come fece già in passato, si avvale di grandissimi compositori internazionali approdati alla sua Real World e artisti come Richie Havens, Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, Neneh Cherry, Paul Buchanan cantante dei Blue Nile, Jocelyn Pook, Iarla O’Lionard, il maestro di flauto Ney, il cantante egiziano Kudsi Erguner, e i suoi compagni da sempre Tony Levin, Manu Katche, David Rhodes, Shankar, Steve Gadd.
Album pieno di ricerca e suono del globo (niente di nuovo per Peter) ma sempre in elaborazione con il tempo senza mai smentirsi, è un'opera ricca di ricerca e ritmi, di idee nuove piene di melodie afro, celtiche, tecno – rock e quant’altro.
Non è un album per niente facile da accettare e capire al primo ascolto, bisogna ascoltarlo con grande concentrazione, tranquillità e silenzio più assoluto per percepire i minimi particolari e per poter inglobare le mille sfaccettature retroverse, così da poter apprezzare la sua più completa bellezza.
Ovo, insieme dell’evoluzione di tre generazioni, presente passato e futuro, tecnologia e natura che devono e tentano di ritrovare la capacità di unione (praticamente un sogno, oggi come oggi).
Ovo è un succo ricco di stati d’animo che compongono un puzzle universale calibrato di progressione futuristica, amante della perduta semplicità della semplice preistoria.
E’ nato da un progetto sviluppato per il Millennium Dome e il suo mondo magico, a sua immagine e somiglianza.
Straordinaria bellezza esplosiva, scossa completa del cuore, non cade mai nella banalità, è un geniale artista con al A grande, riesce in un Album a circoscrivere l’essenziale di ciò che generalmente viene perso strada facendo, direi che è di una totale intelligenza poliedrica.
Adora la comunicazione o trasmissione, attraverso il contatto diretto con la gente, ricordo quando al concerto di “So” come sempre, si girò di schiena e si buttò sul pubblico per farsi trasportare sotto a decine di mani come dei rulli umani, ma anche il concerto di “Up” al Forum di Milano fu un incanto, è stato come sempre un vero scatenato animale da palcoscenico, dal sangue caldo, e dall’anima oceanica.
E come ho già scritto nella rece di Disintegration il triangolo dell’Eden, a mio giudizio personale, dove niente è così profondo, è costituito da Peter Gabriel con “Passion”, l’Album della mia vita, The Cure con “Faith”, la canzone della mia vita, David Sylvian, icona espressionistica dell’amore, per come la vedo nella mia vita.
Loro tre sono circoscritti nell’essenza più totale di tutto ciò che può esserci nell’anima, un quel qualcosa che li differenzia da altri Grandi della Musica.
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