Nel 2002 Peter Gabriel volle smentire la sua fama di tartaruga del rock affermando che il seguito di Up, pubblicato quell'anno, avrebbe visto la luce di lì a breve.
Infatti, dopo 8 anni e 15 chili in più, il buon Peter è ancora indaffarato tra nastri e loop vari e per stiracchiare il tempo e non passare come l'artista più bugiardo del decennio, pubblica "Scratch My Back", un disco di cover realizzato con l'ausilio del pianoforte e di un'intera orchestra. Produce Bob Ezrin, tornato alla corte di Re Gabriel dopo le guerre stellari del primo, omonimo disco del 1977.
Per dimostrare che è un progetto serio e non un modo per fare soldi facili, l'uomo con "quella voce" non fa un lavoro di copia e incolla ma ricanta tutte le canzoni a modo suo (con alcune eccezioni che vedremo) pigiando l'acceleratore della lentezza, pregio e difetto del progetto.
In alcuni casi il trucco riesce, come nella pianistica "Flume" (Bon Iver) in cui la spettacolare voce di zio Peter riesce a sublimare l'angoscia dell'originale (che al confronto ora pare un inno alla gioia) o in quella "Mirror Ball" degli Elbow che sembrava un pezzo dello stesso Peter (e allora è la cover di se stesso, quella che ci offre?)
Talvolta il gioco si fa "peso e tetro" ("Street Spirit" è arrangiata con una tale nudità da rischiare un raffreddore. Il cantato, quasi privo di melodia, incerto e monocorde fa il resto) ma "Book Of Love", con la sua commozione casalinga e "Listening Wind", pregna di archi e intuizioni danno un calcio alla cupezza pur restando brani educati. "Heroes" non ha la carica dell originale ma si trasforma in una preghiera mormorata di nascosto e "The Power of The Heart" di un insolito Lou Reed potrebbe piacere a mia madre che ha sempre saltato "Shock The Monkey" ma di fronte a "Solsbury Hill" e "Wallflowers" improvvisa parole e alza il volume.
"Philadelphia" di Neil Young poco aggiunge alla versione del canadese pazzo ma in questo caso sarebbe stato un sacrilegio modificare quel capolavoro di compostezza mentre "My Body Is a Cage" è così carica di tensione che se ne consiglia l'ascolto con un bicchiere d'acqua da bere alla fine. Completano la collezione canzoni di Randy Newman ("I Think It's Gonna Rain Today"), Paul Simon (se volete un esempio di eclettismo ascoltate questa versione di "Boy In The Bubble") e la quasi operistica "Apres Moi" di Regina Spektor.
Non un disco facile, niente ganci radiofonici o inni da cantare con il pugno alzato. Piuttosto un disco nudo, intimo e riflessivo, da ascoltare sul divano buono (con il rischio di addormentarsi, pero'. Troppa comodita' puo' fare brutti scherzi).
Per il seguito di "Up", ripassare fra un lustro.
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