Silencio.
La tigre parla da sola, è già balzata al corpo, che tu lo voglia o no, prima che tu te ne potessi anche solo accorgere.
Non è vero. È tutto falso, “No Hay Banda”.
La musica emerge dal nulla, ma è probabile che non esista: è probabile che non ci sia mai stato un gruppo a suonarla, è probabile che l’uomo che l’ha concepita non sia mai esistito, o che quantomeno abbia tentato accuratamente di cancellare la proprie tracce. E' probabile che cd, vinile, file, hard disk, stereo e casse stiano girando a vuoto. “No Hay Banda, No Hay Orchestra”. Ma non è neanche tutto registrato, è tutto nella tua testa, è semplicemente la musica che tu, povero idiota dal quoziente intellettivo medio, hai sempre avuto nei tuoi neuroni, ma non sei mai stato in grado di realizzare.
“No Hay Orchestra”. Certo che no: è tutto nella tua mente.
QUESTO DISCO E’ DAVVERO PSICHEDELICO! E’ DAVVERO UN CADAVERE RIVERSO SU SE STESSO! E’ DAVVERO UNA MACABRA DANZA TRIBALE! E’ DAVVERO CHITARRE AFFILATE CHE TAGLIANO AL LUME DELLA FOLLIA!
E’ il 1970 e Peter Green, forse il più grande bluesman dell’english wave, decise che la festa era finita ed era ora che la swinging london chiudesse i battenti. Questo misconosciuto signore sostituì Clapton quando questi decise di scappare dai Bluesbreakers; il sig. Verde ci restò per un paio d’anni, per poi scappare a sua volta a formare i Fleetwood Mac: per loro scriverà “Rattlesnake Shake”, “Oh Well”, “Albatross”, “Black Magic Woman” e così via, salvo poi dare di matto. Si darà anima e corpo all’LSD, andrà in “trip” senza più essere capace di tornare indietro e darà via tutti i suoi denari in nome della spiritualità, dopo essersi fatto crescere oltremodo la barba ed aver cominciato ad indossare tuniche da santone.
Dio solo sa cosa l’ha spinto ad incidere quest’ultimo album prima di una lunga, quanto misteriosa, latitanza: forse la volontà di dare in beneficenza il ricavato (come poi fece), o forse era il suo modo di dire basta, o più probabilmente entrò in studio con una sezione ritmica raccattata all’ultimo minuto, accese gli amplificatori tutto strafatto com’era, attaccò la chitarra e cominciò a suonare. Cosa suonò? Blues? Hard-rock? Questo disco è tanto vicino ai Fleetwood quanto il metallo alla mostarda: siamo dalle parti trasognate, umide, mistiche e ad alto tasso tossico di Bitches Brew, con i pezzi che compaiono in fading dal nulla, con noi che ci ritroviamo intrusi, in medias res, ad ascoltare il delirio di uno sciamano braccato dalla foresta, un Kurtz della musica che la tigre l’ha guardata in faccia, ed ora prende ordini solo da lei, dai bassi che pompano, come spiriti che accerchiano gli sventurati, e dai tom che suonano come richiami all’Africa ed all’anima più scura.
Questo disco suona come la giungla.
"Bottoms Up” è LA cavalcata, punto; “Timeless Time” è un trip su lidi ignoti e, probabilmente, veri solo nella mente del nostro; “Descending Scale” è la materializzazione della follia e della cacofonia imperante in un cervello fuso dall’LSD; “Burnt Foot” è l’assalto blues rock talmente elementare, duro, e sconvolgente nella sua semplicità che nessuno ha mai avuto il fegato di farlo; “Hidden Depth” l’ultima preghiera, l’ultimo rito di ringraziamento al cielo prima della deflagrazione, della definitiva esplosione del wah-wah.
Siete arrivati al cuore di tenebra, siete arrivati alla fine dei giochi. La chitarra non vi lascerà scampo, non agitatevi, è inutile. Godetevi lo strazio che perpetuerà sulla vostra pelle.
QUESTO DISCO E’ DAVVERO ORRORE! E’ VIOLENTO! MISTICO! IRRINUNCIABILE! MORTALE EPPURE ETERNO, GIGANTESCO, SANGUINOLENTO, CLANDESTINO, NASCOSTO EPPURE LUMINOSO, E’…
Non preoccuparti. Tra poco il sogno (incubo) sarà finito. La tigre sta spolpando i tuoi ultimi brandelli, ti sta stuzzicando con le sue lame affilate. Sei ancora vivo? Ormai non più, sei finito sotto i suoi colpi. E’ ora di venire alla luce come nuova carne.
Accendi la luce. “Hay Banda. Hay Orchestra”. Il sogno è finito. Purtroppo.
Ma tu, tu, non sarai più lo stesso.
Silencio.
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