L'approccio a questo disco e' stato molto sospettoso e circospetto, quasi a non volermi farmi coinvolgere, cercando di mantenermi il piu' possibile distaccato e devo dire che i primi ascolti dell'album sono stati quasi come scalare una montagna dove ad ogni difficolta' e ulteriore declivio si vorrebbe desistere e fermarsi e invece no, ostinatamente si cerca di arrivare alla fine cercando un motivo che possa giustificare il perche' di queste non-songs, discordanti, che sembrano senza nessuna melodia, che si rincorrono su scarni accordi di chitarra e di piano dove la voce non vi si appoggia sopra, come nelle classiche canzoni, ma si stacca quasi come a tirare sassi al cuore e all'anima di chi ascolta ma invece ecco che casualmente senza nemmeno volerlo, come il satori dopo apparenti sconnessi coan, si trova una chiave fra le dissonanze e una porta si apre all'improvviso e in quel preciso istante sembra come se tutto il significato di quel sound fosse chiarissimo e risplendente di luce.....
A farmi d'apripista mentre ascolto questo nuovo capolavoro hammilliano fra le strade deserte e appena palpitanti delle luci in dissolvenza della notte e il sopraggiungere del chiarore del nuovo giorno, e' la perfetta osmosi fra chitarra e voce di All the Tiredness(sesto brano del cd), che mi sorprende quasi come fossi in un film di Wenders, mentre si guida in macchina fra le desolate strade di un'alba nuova ma forte di dolci rimembranze....
La sottile particolarita' di questo 'Consequences' e' come se fosse un disco che si nasconde dietro una sorta di trasparente sipario dove sembra tutto uguale al solito vecchio ultimo Peter ma se poi ci si soffia tenuamente sopra il velo ecco che si scoprono meraviglie e sfaccettature diverse, ricche di giochi e di sfumature dove dietro l'apparente sound scarno ma distinto e denso di un lirismo delicato e soffuso, molto curato nelle partiture corali delle voci, dove anche le pause e' musica e dove i tocchi di piano e di chitarre quando irrompono lo fanno pienamente e impetuosamente ma senza distorcere e con la consapevolezza di sapere dove andare e dove arrivare.
Difficile trovare raffronti sulle assomiglianze con i precedenti lavori di Hammill, forse per il senso lirico e di intima solitudine che aleggia sul disco mi viene da pensare subito ad 'And close as this', forse piu' ricco di melodia, mentre in 'Consequences' il pentagramma e' piu' vario e colorato e troviamo dei brani addirittura quasi da songwriter alla Lou Reed o che rimandano al 'The road' di Nick Cave dove il vagabondismo dell'andare senza meta e verso chissa' quali luoghi e' piu' un vagabondismo dell'anima che ricerca se' stessa fra dubbi e certezze, fra abbattimenti struggenti, fra lunghe contorsioni e brevi squarci di limpidezza dove le frontiere che si attraversano non si perdono dietro le spalle e possono poi ritornare come in un beffardo dedalo e come pure inebriandosi di questo travaglio estatico dello spirito dove si assiste, anche per il totally self-made, al trionfo dell'Hammill piu' solitario e piu'dentro il se'...sempre di piu'...
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