Qualcuno ha detto che la felicità può facilmente portare ad un inaridimento creativo (i maligni penseranno subito a Phil Collins, alla sua nuova famigliola e al suo “incredibile” nuovo cd….). Peter Hammill si incarica di dimostrare la veridicità di quest’affermazione con un disco che è fra i più convincenti della sua ormai sterminata discografia. Molte delle canzoni di Over nacquero, infatti, quando Peter fu abbandonato dalla cmpagna, Alice. I brani di Hammill sono strutturalmente uguali a tanti altri che compose in quegli anni: qui, tuttavia, c’è una partecipazione e una passione (il perché è facilmente immaginabile) che non sempre si trova nelle sue canzoni ("senza convinzione non c’è vera arte"), per altro, non tutte dello stesso livello. Se dal punto di vista delle liriche Peter si dimostra all’altezza delle sue cose migliori (per me Hammill ha scritto alcuni dei più bei testi del rock progressive inglese) buono è anche il livello delle musiche, quasi tutte convincenti, senza quei cali qualitativi che spesso si riscontrano nella discografia hammilliana post Fool’s mate.
L’iniziale Crying wolf è un brano più “ duro” (al limite assimilabile al proto punk di Rikki Nadir): si direbbe quasi che Hammill, in questo pezzo, ce l’abbia con certo rampantismo ante litteram e probabilmente pure con se stesso (….e quando è tutto quasi finito, e tu sai che la fine è vicina, in un infinito autentico dispiacere, non ci sarà nessuno rimasto ad ascoltare le tue grida disperate, queste verranno fuori dalla tua bocca come belati: pensavi di essere un lupo, ma sei soltanto una pecora.) L’unico episodio del disco non all’altezza ci sembra il successivo, Autumn: qui un po’ tutto è convenzionale, sia nelle musiche che nei testi. Con Time Heals si entra nel vivo dell’album: ad una meditativa introduzione segue una strofa musicalmente accattivante con un testo semplice e diretto (e qui ci sarebbe tanto da dire su certe liriche eccessivamente ridondanti per non dire pretenziose che hanno infestato il progressive). Peter si esprime con dolce disperazione e canta in maniera diretta, quasi imbarazzante, l’abbandono dell’amata. Ancora più personale è il brano successivo Alice. Qui troviamo Hammill in una dimensione scarna, che contrasta volutamente, in maniera forte, con l’orchestrazione di Autumn e soprattutto di This side of the looking glass. Alice è invece un episodio meditativo, riflessivo e per certi versi spietato perché parla della condotta di Peter nei confronti della consorte (….ho avuto la mia occasione e l’ho sprecata, perché ti ho amato così tanto in questi anni e da qualche parte in me stesso, tra l’orgoglio e la paura, non ho saputo fartelo capire….). Si assiste così ad un ripiegarsi nel proprio dolore (…quello che c’è di buono nelle canzoni è che sono esercizi in solitudine…). Un episodio analogo è (On tuesday she used to do) Yoga: un continuo rimuginare sulle proprie colpe e sull’impossibilità di rimediare ai comportamenti passati (Il martedì lei era solita fare yoga mentre io la guardavo immobile come se fossi un vegetale e sempre pronto a dire a me stesso che io ero un artista, sottintentendo che lei non l era.…è buffa la maniera in cui l’autocommiserazione può nascere dall’auto stima…).
Molto bella è This side of the looking glass, che evidenzia un refrain forse non originalissimo, ma accattivante. Il brano che personalmente preferisco è, però, Betrayed. Anche qui l’atmosfera è cupa e malinconica ma non riferita più alle vicende coniugali di Hammill. Si parla piuttosto di ciò che a tutti in maniera dolorosa succede, quando perdiamo la nostra innocenza e guardiamo con occhi disperati alla meschina desolazione del mondo (Quando ho cominciato ero pieno di sogni altruistici, credevo in principi, principesse, in re e regine, adesso vedo che sono come gli altri……perché anch’ io non dovrei essere come loro? Sembra che ho dimenticato tutte le cose che mi sono sforzato di imparare e pare che non c’è un po’ di amore o fiducia in nessuna parte del mondo…). Il testo prosegue poi con la negazione dell’amicizia e con la lucida disperazione che quello che spesso facciamo non interessa a nessuno (…è stato tutto inutile, tutti gli sforzi per essere gentile sono ripagati dal disprezzo, ridotti a un’ insignificante gentilezza….). Fino ad arrivare a un dolore che non è fuori luogo chiamare planetario ed assoluto (Non ho niente per cui combattere tranne far sentire la mia passione. Non credo in niente in nessuna parte del mondo). Pure in questo brano l’arrangiamento è spartano, c’è solo l’intervento nel corso del brano del violino di Graham Smith che stava per essere coinvolto nei meccanismi del nuovo generatore Van der Graaf. E infine c’è la consapevolezza che il passato non ritorna e che la vita semplicemente, banalmente continua: Lost and found (anche il lupo può imparare, anche la pecora cambiare e anche il rospo alla fine diventa principe..…niente più “se solo”, niente più “e tuttavia”, non più desideri per il futuro…sono libero infine, innamorato, perso e ritrovato). Qualche anno dopo Peter dedicherà una composizione alla sua nuova compagna My favourite, ma la ferita d’amore era, evidentemente, già rimarginata…..
Da notare che sul retro copertina di Fugazi, il secondo album dei Marillion, erano raffigurate, in una stanza disordinata, alcune copertine di dischi che il jester/Fish stava evidentemente ascoltando: una di queste era proprio quella di Over di Peter Hammill (lo stesso musicista che faceva da opening act, con scarso gradimento del “”colto” pubblico inglese, a qualche esibizione dei Marillion nei primi anni Ottanta). Quando si dice le affinità elettive…

Carico i commenti...  con calma