Cambridge, quella in Massachusetts, è, se non ci siete mai stati, probabilmente simile a come potreste immaginarvela. Ossia molto simile alla “vera” Cambridge: palazzi in stile vittoriano, un fiume placido che la attraversa, il club di voga dell'università che si fa strada fra le anatre. E poi la presenza fondamentale del più storico e importante ateneo americano, Harvard, fulcro, insieme alle università di Berkley, dei movimenti studenteschi degli anni '60 e della controcultura americana del periodo. Un po' tutta l'area bostoniana è sempre stata una roccaforte politica della “sinistra” americana sull'East Coast, e ovviamente accolse di buon grado una pletora di beatnik dagli anni '60 ad oggi. E Peter Walker era il perfetto esempio di artista beatnik del tempo

Proveniente da una famiglia di musicisti di Boston, Peter incomincia a suonare la chitarra classica e poco più che adolescente incomincia a viaggiare, spinto dalla voglia di ampliare i propri orizzonti musicali e mentali. Oltre che farsi una cultura riguardo al folk degli Appalachi, studia chitarra Flamenco in Spagna, gira il Nord Africa per sperimentare le scale arabe e ritorna negli USA. Qui si imbatte in un musicista indiano, Ravi Shankar, e rimane folgorato dai raga indiani, e dall'approccio di quest'ultimo allo strumento. Approccio ben spiegato nelle note del retro copertina del disco: “Il raga parte da un bordone, a cui si aggiunge una scala basata su quel bordone, e poi una linea melodica basata su quella scala, e si iniziano a intrecciare questi tre elementi”

Peter ha dalla sua una enorme capacità sincretica, grazie alla quale non aderisce a nessuna delle musiche da lui studiate ma prende un poco da ognuna (flamenco, raga indiani, musica araba e primitivismo folk americano) e lo fonde in maniera unica. Solo il suo amico Sandy Bull riuscirà, negli stessi anni, a proporre una musica tanto libera quanto fruibile. Come descritto dalle note dell'edizione 2008 del disco scritta da Ben Chasny, devoto seguace di Walker:

“Walker non seguiva gli artisti del finger picking americani, impegnati a sviluppare tecnicamente la mano destra, destreggiandosi fra arpeggi e linee di basso; e non seguiva neanche la loro controparte britannica, impegnata al contrario a viaggiare più velocemente possibile sulla tastiera della chitarra con la mano sinistra. Nessuna mano era dominante per Walker, a comandare era il cuore”

E non c'è forse definizione migliore per descrivere Rainy Day Raga”, esordio del nostro datato 1966. Musica strumentale ma talmente ricca e sfaccettata da risultare verbosa come un brano hip hop. Qualche inserto di flauto o dulcimer, e poco altro. Non serve molto per parlare con il cuore, sembra volerci dire Walker. Basta essere pronti a vivere il qui e l'ora. Dopo un secondo album altresì vocato all'improvvisazione modale, il nostro si ritirerà a vita familiare già dai primi '70, per poi essere riscoperto sul finire dei '90 da uno stuolo di giovani musicisti dediti al recupero dell'American Primitivism di altri suoi coevi come Fahey, Basho e Kottke. Seppur ritiratosi a vita privata, non ha mai smesso di studiare lo strumento, anche adesso a 80 anni.

Un esempio di come, a volte, le ragioni del cuore e dell'anima dovrebbero essere preposte a tutto il resto.

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