Due conti, anagrafi alla mano.
Franz Goria, cantante e chitarrista, classe 1971. Già mente dei Fluxus, mai ufficialmente sciolti, con i quali firma quattro capolavori, arroventa chitarre e bassi in un assalto all'arma bianca e riempie di sassate il rocchenroll italiano. Nella vita di tutti i giorni è un graphic designer.
Dan Solo, bassista. Si fa le ossa nei Jester Beast (anche se, più che farsele, se le distrugge, fra botte e metal), per poi ottenere una certa ribalta nei Marlene Kuntz, dai quali esce nel 2004 per "a seguito di disagi divenuti insanabili e riguardanti difficoltà di natura pratico/organizzativa e umana". Sostituite la parafrasi godanesca di cui sopra con l'equivalente "Dan voleva pestare ancora e noi non c'avevamo più voglia". Visti i supposti conseguenti, bingo.
Valerio Alessio, batterista. Di lui si sa meno, e molto di più nello stesso tempo: tantissima gavetta torinese, soprattutto nell'ambito dei Murazzi. Dimenticavo: per anni ha distrutto kit su kit in progetti hardcore. Basta?
Insomma, non proprio tre personaggi venuti fuori dall'ultimo angolo di strada qualsiasi nell'ultimo mese e mezzo, diciamo. Insieme formano i Petrol. Ma come, "quei" Petrol capaci di una cosa come "Dal Fondo", datato 2007? Proprio loro: solo che, ora come ora, è cambiato qualcosa. Il nucleo, anzitutto, dimezzatosi per le defezioni di Nino Azzarà prima - rinforzo chitarristico dai Mambassa di cui, francamente, resterà poca traccia - e, ben più pesante poi, di Alessandro Bavo, tastiere (no, non c'hanno più le tastiere? Eh, già) e produttore di Casasonica. Meglio: fu produttore di Casasonica. Già: la combriccola capitanata da Max Casacci dei Subsonica che aveva messo a fuoco quel capolavoro del loro esordio è svanita nel nulla, incapace di reggere l'oneroso peso della competizione discografica.
Per andare al sodo, questi tre distinti signori alla soglia dei quarant'anni si ritrovano, dal nulla, a ricominciare da zero. E lo fanno, aprite bene le orecchie, autoproducendosi. Capito, indie rocker che mi segui da casa? Niente prestigi da Cassa Integrazione o sotterfugi economici: semplicemente la voglia di suonare e l'attaccamento ad una passione che, notati i risultati, mi ha sempre fatto pensare a qualcosa di più di un puro e semplice alter ego.
Ed ecco a voi un tangibile segno di vita, "L'Amore È Un Cane" (citazione da Bukowski: l'esclusiva non ce l'ha mica solo il Teatro Degli Orrori, non credete?), EP a tiratura limitata nel quale i Nostri si svestono di ogni glitch ottantiano che poteva permeare le canzoni del loro esordio (new wave? Anche) e ritornano ad una forma rock poco più che invidiabile. Quattro pezzi che sorprendono per immediatezza e compattezza. La title-track, riff killer e andamento light-noise - se singolo dev'essere, che sia così, almeno - , si pianta subito nel cervello e non ne esce più. "Supernova" accarezza durante le strofe e deflagra nel ritornello, con un muro di suono che non sentivamo da tempo. "Come Ieri" si porta via, con un deflusso cantautorale, le scorie lasciate sul campo, proponendo un power rock forse poco coraggioso, ma certamente efficace per circolarità e strumentalità (scoprirete di quanto può essere strano cantare naturalmente un testo di Franz!). Ci pensa poi "Cura", massiccio stoner dal dinamismo hard, a scompaginare le carte in tavola, per unire fluidità testosteronica e capillarità incendiaria in un connubio che prende le orecchie, le stritola a terra e si permette il lusso, poi, anche di spazzarne via la polvere.
"Consumati pure che tutto è già scaduto / E il tuo difetto, il tuo gesto / È previsto e tollerato"
Ancora una volta, non v'è che dire, hanno vinto loro.
Aspettate il disco.
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