Esibire il prossimo reperto. Documento numero 7 di 14. Il crocevia a metà strada, incastonato fra il #5 e l'#8 i tasselli fondamentali per sviscerare l'anima dei pg.99. Chi erano i pg.99? La domanda più semplice forse è chiedere cosa fossero. Un progetto alienante e intrappolato fra recinti claustrofobici in cui sfogare senza alcun abbellimento le proprie sofferenze. Strato dopo strato di un sound scorticante e tremendo, che in una follia senza alcun rigida struttura si sfalda, tentacolare si muove in ogni direzione, alla ricerca di nutrimento, in cui i sinistri scorci partoriti musicalmente si possano irrobustire e aumentare, fino ad esasperare. Potrei citarvi nomi, ma sarebbe poco interessante in un caso come questo, eran amici, conoscenti che condividevano una certa visione nichilista e rabbiosa del mondo, da buttar giù nel caos dello screamo primordiale.

La spigolosità in questo EP (o LP? Boh, non si è mai capito, poco importa) è di quella freddamente calcolata, come forse non mai nel vortice polveroso delle menti del gruppo di Sterling, Virginia. È un lento, quanto massacrante incidere che però non rinuncia a voler mostrare l'aspetto schizofrenico, che riemerge con puntualità assassina liberandosi in densi e martellanti supplizi sonori hardcore. Accanto a ciò però affiora un'atmosfera pregna d'angoscia, con dissonanze che pian piano s'intrecciano e dilatano quelle lunghe urla agghiaccianti che da sempre accompagnano la musica dei pg.99. Basta un flebile gorgoglio di acqua che scorre gelido lungo "The Mangled Hand" a far ulteriormente precipitare il sound in un oblio asfissiante. È il dolore che s'insinua nello stridore delle chitarre abbandonandosi prima fra risate malefiche e dopo in una lava viscosa di melodie decadenti, proprio come il vivere in uno scheletro di ricordi e realtà sbiadite. È una fiera delle atrocità a cui i nostri partecipano, anzi, ne sono gli artefici, tratteggiando sonorità malsane che di liberatorio han ben poco vista la capacità di sommergere quel poco di sollievo in un muro che crolla inesorabilmente sotto i colpi appuntiti di ruvide ritmiche. Loro si mettono lì e pian piano scalfiscono e crepano ogni certezza, facendo capitolare il tutto, rivelando una fragilità che risponde istericamente, inasprendo ulteriormente la morsa assillante.

Non che si possa aggiunger chissà quant'altro su "Document #7" uscito per giunta nello stesso anno dell'espressione più completa e delirante dei pg.99. È solo una delle tante sfaccettature di cui si compone la complessa personalità espressa in una carriera votata non solo al DIY totale, ma quasi all'anonimità proprio a simboleggiare come fosse solo ed esclusivamente la musica a parlare per loro, null'altro, non i singoli individui, bensì questo micro-cosmo, sì, dai, lo si può definire così, che s'era creato nel lontano 1997, dove seppur all'apparenza disfunzionale, costituiva un agglomerato che costantemente uscita dopo uscita cercava di super i limiti che loro stessi si ponevano. Si potrebbe voltare pagina all'infinito, gli anni trascorrono impietosi, tutto si rovina, si corrode ed è destinato a scomparire, ma uno dei segni più tangibili e indelebili che resiste ai cambiamenti sarà sempre siglato dalla parola pageninetynine. Lunga vita a loro.




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