Prestazione solidissima al debutto con la Geffen per le 5 amazzoni dell'Hard & Heavy Phantom Blue che piazzano la martellata nel momento sbagliato (tanto per cambiare): correva l'anno 1993. Gigi, Michelle, Kim, Linda e Karen solcano le tracce del loro disco con il carro armato del dio metallo pronto ad esplodere colpi hard all'occorrenza. In complesso, un macinato di generi molto ben riuscito questo "Built to perform". Macinato in cui sono finiti pezzi d'osso ma tant'è, risulta commestibile per chi cerca musica dura senza compromessi e indigesto per chi non accetta la ruvidità come unico codice per comunicare.
Mi avevano attratto per i loro capelli gonfiati e la loro provenienza californiana, ma non sapevo che, già con il loro esordio dell'89, mi sarei trovato dinanzi a 5 donne dedite ad una forma di metal decisamente affilata e speed, solo vagamente influenzata dalla proposta musicale locale.
Improbabile termine di paragone, per chi scrive, sono alcuni brani degli Skid Row di "Slave to the grind", ma l'accostamento è da prendere con le molle perché qui domina nettamente il sound heavy rispetto a quello hard.
Le consiglio insistentemente ai metallari che conosco che alla fine mi danno ragione. Non le disdegnano comunque i rocker e i glamster perché rappresentano una valida alternativa ai suoni abitudinari.
Passo in rassegna le principali caratteristiche del gruppo e di "Buil to perform". Femminili fino in all'ultima goccia di sangue, in questo frastuono di album le nostre hanno saputo cristallizzare al meglio una voce incantevole, decisamente liscia come la pelle di una donna curatissima e maschia nelle acredini e nelle spigolosità, insieme alle doti tecniche e ritmiche del resto della band. Lo stantuffamento prepotente di basso e batteria avrebbe potuto portare le Phantom Blue tranquillamente a dividere il palco con i Pantera qualche hanno più tardi, capaci com'erano di imporre un andamento da truppa in missione e in azione. Infine, spettacolari sono gli squarci e le ricucite nel tessuto delle chitarre che vede il duo Meldrum - Kreuzer dimostrare di aver appreso la lezione impartita loro da Friedman (Megadeth) all'epoca del primo disco.
Complessivamente un sound inatteso da parte di un quintetto femminile e, soprattutto, molto moderno per l'epoca (e di certo ancora oggi) che in pezzi come "Nothing good" - energica opener che chiarisce subito le idee agli ascoltatori di primo pelo -, Time to run - dove i riff sono sbatacchiosi e quasi neoclassici -, "Better off dead" - la più hard rock del set offerto - rappresentano pezzi da ascoltare a tutti i costi.
Io ve l'ho buttata qui, voi non buttate l'occasione di ascoltare un gruppo validissimo.
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