Fa parte della storia dell'uomo: il bianco ha sempre sottovalutato il nero; per questo il nero è stato sempre sfruttato e considerato inferiore dal bianco. 

Ma perché è accaduto ciò? Io una spiegazione non me la so dare. Non c'è nulla che giustifichi questa ingiustizia; eppure ancor oggi l'ugualianza non è stata pienamente raggiunta.

Gli afroamericani si sono perfino sentiti costretti a cercare un modo per provare la loro ugualianza, la loro umanità; per farlo hanno scelto spesso la più nobile attività umana: l'arte, in particolare, la musica.
Attraverso la misica hanno ampiamente e ripetutamente dimostrato le loro incredibili capacità; anche se, spesso il bianco ha rifiutato di decodificare quel linguaggio così diverso e complesso.

La musica quindi è diventata per il nero un modo per sfogarsi, per urlare all'Universo le ingiustizie subite. Tutto ciò è servito da ispirazione costante nella musica nera per eccellenza: il Jazz. Se si va a fare una attento confronto tra la musica colta europea e il Jazz, si nota come la prima si sia evoluta molto lentamente e grazie a poche menti illuminate; nel Jazz invece si nota una progressione musicale incredibilmente veloce e un numero di eccezionali artisti elevatissimo: in meno di un secolo si è passati da tonale ad atonale, da acustico ad elettrico, con contaminazioni con tutti gli altri generi musicali esistenti.

Il fattore sociale è quindi filo conduttore di tutta la musica afroamericana ed è anche il tema di questo memorabile disco. In questo album Impulse! del 1971 la musica è presentata come uno stile di vita, un motivo di orgoglio e unione.

Con l'intitolare un album Black Unity Pharoah Sanders si attribuisce l'onore e l'onere di "parlare" nel miglior modo di un intero popolo, il suo popolo.
Infatti il risultato musicale è a dir poco eccellente; un unico brano che sfiora i quaranta minuti, in pieno crescendo dall'inizio.

I protagonisti questa grande opera sono, insieme al leader Sanders, Hannibal Marvin Peterson (tromba), Carlos Garnett (sax tenore), Joe Bonner (piano), Cecil McBee e Stanley Clarke (contrabbasso), Norman Connors e Billy Hart (batteria) e Lawrence Killian (percussioni).

Si parte dall'ostinato dei due contrabbassi accompagnati dalle percussioni africane ed orientali, già si sente che il ritmo sta agendo sul corpo dell'ascoltatore, non lasciandolo indifferente; poi il piano contribuisce a creare la tensione giusta per l'entrata dei fiati. Dopo cinque minuti si è già in piena eccitazione; un gran climax caratterizza tutta l'opera, che raggiunge lo spannung grazie alle urla del sax di Sanders e della tromba di Peterson.

Black Unity è la celebrazione ideale della cultura afroamericana e crea un senso di appartenenza non indifferente; ci si sente partecipi della rivendicazione dei diritti di questi artisti, perché grazie alla loro musica si raggiunge uno stato di eccitazione e poi di quiete inarravabile.

...mannaggia dovevo nascere nero! 

Carico i commenti...  con calma