Nasce dalla collaborazione tra Philip Glass e il regista teatrale Robert Wilson l'opera in quattro atti "Einstein on the Beach", la cui musica Glass scrive nel 1975. Ascoltando l'edizione discografica in 4 cd (durata: 2 ore e 45 minuti nell'edizione Sony Classical, 3 ore e 10 in quella Nonesuch) bisogna dunque tenere presente che esiste una parte visiva e scenica di questo lavoro, e tre immagini ricorrenti: un treno, un processo, un'astronave, ciascuna delle quali è legata a un tema musicale. E poi c'è Einstein, naturalmente, un personaggio che se ne sta ai margini dell'azione scenica strimpellando un violino (come faceva il vero Einstein per rilassarsi).
Le tre immagini ricorrenti alludono alla teoria della relatività e alle sue implicazioni: il treno come esempio della relatività del movimento; il processo come metafora delle conseguenze di quella teoria (in primis la strada aperta all'armamento atomico) di cui Einstein sembra qui dover rispondere; l'astronave come esempio della relatività del tempo (riferimento al "paradosso dei gemelli"). Immagini che servono soprattutto a Robert Wilson per alludere ai temi di questo lavoro, sostituendo con esse l'intreccio e lo sviluppo narrativo dell'opera tradizionale.
Il titolo si riferisce al romanzo di Nevil Shute, "On the Beach", che tratta della catastrofe nucleare. L'organico prevede 4 attori principali, 12 cantanti, un violinista oltre all'ensemble amplificato che costituisce il marchio di fabbrica di Philip Glass: organo elettrico più altre tastiere elettriche, una piccola sezione di fiati e le voci, in questo caso anche soliste o impiegate come voci recitanti. In scena, sono tutti vestiti come Einstein.
In queste tre ore di musica si attraversano fasi e momenti molto differenziati tra loro: il collante è quello della tecnica minimalista che fa dell'ossessiva ripetizione di brevi cellule sonore il suo delirante credo. Il tempo molto veloce di certi passaggi crea un autentico ribollire delle tastiere elettriche nello sfondo (e costringe gli esecutori a un estenuante tour de force). Come già accadeva nella precedente "Music in Twelve Parts", la struttura ritmica che deriva da questa tecnica è la caratteristica più evidente di questa musica, ma in "Einstein" Glass prova a fonderla con la struttura armonica creando piani sonori in continua mutazione e soggetti a periodici assestamenti.
La musica non è difficile da seguire ma richiede attenzione per poterla abbracciare nel suo disegno complessivo: aiuta la suddivisione in quatto atti, ciascuno organizzato in due scene (tranne l'ultimo atto che ha tre scene) e la presenza di cinque "Knee Plays" (all'inizio dell'opera, tra gli atti e alla fine) che, come il ginocchio nel corpo umano, fungono da giuntura in questo organismo musicale molto complesso. Aiutano anche le parti cantate che consistono nell'enunciazione di numeri, a rappresentare la struttura ritmica della musica, o dei nomi delle note (quelli usati nel solfeggio, per esempio la-si-do-si-la), a rappresentare le altezze: si tratta dunque di una descrizione, strada facendo, della musica stessa. Per il resto, voci recitanti declamano testi di natura e ispirazione molto varia.
"Einstein on the Beach" è ormai un pezzo mitico: ebbe un grande successo fin dalle prime rappresentazioni, in Europa (al Festival di Avignone e in altre città) e poi a New York. A buon diritto, quest'opera è diventata un classico del nostro tempo.
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