Lamento di Portnoy
di Philip Roth - 1969
A trentasei anni PR scrisse questo suo terzo romanzo, i primi due non li ho mai presi in mano e nemmeno i successivi, checchè ne abbia diversi scaricati nel mio kindle, a seguito della recente scomparsa dell’autore mi son deciso a rompere il ghiaccio e leggerne almeno uno, le impressioni che ne ho avuto sono state più d’una, a parte gli articoli usciti quando morì, su “la Repubblica”, “il manifesto” e “il Fatto Quotidiano”, dove descrivevano anche questo suo libro, poco ne sapevo in merito, ora non intendo entrare nella trama che tanto quella la si può leggere dappertutto (basta cercare).
In breve la mia prima impressione è stata di rispecchiarmi in molte fantasie e attività manuali legate all’erotismo prodotte dal giovine protagonista nel corso del suo crescere in questo mondo, la seconda è che mi aspettavo qualcosa di serio tra il sociologico e il politico, del vivere come ebreo in America e son rimasto in parte deluso ma felicemente sorpreso di ritrovare un umorismo in stile “yddish” alla Woody Allen o Groucho Marx (tanto per intenderci), l’ultima impressione e che tutto questo racconto narrato dal protagonista durante le sedute c/o il suo psicanalista, è che nella sfera sexuale (non so come stia la faccenda per le gentili donzelle) non si vive di sole seghe ma tra diverse opinabili prestazioni ci stanno anche le trombate…,
No ecco parlando ehm, “seriamente” l’impressione che mi è rimasta è che la vita non è facile per nessuno e men che mai se si hanno dei genitori apprensivi che ti tiran su scaricandoti frustrazioni che poi portano a sensi di colpa difficili da superare quando sarai adulto, ma ce la si può quasi fare, vedete me…
p.s. da questo romanzo è uscito l’omonimo film “Portnoy's Complaint”, in italiano “Se non faccio quello non mi diverto” del regista/sceneggiatore Ernest Lehman del '72 (io non l’ho ancora visto ma se qualcuno lo conosce ci potrebbe raccontare com’è e niente...)
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