In principio fu probabilmente Brian Jones.

Siamo alla fine degli anni sessanta quando l'influenza di una certa psichedelia e l'interessamento verso sonorità che fossero folkloristiche e avessero una determinata componente spirituale (ma in fondo era lo stesso anche per lo stesso blues) divenne qualche cosa di generalmente diffuso nel mondo della musica pop-rock e specialmente nel Regno Unito.

Come sappiamo i Rolling Stones non furono insensibili a questo fascino (anche se 'Their Satanic Majesties Request' resta ancora oggi probabilmente il loro lavoro più discusso all'interno della discografia degli anni sessanta) e in particolare non ne fu immune Brian Jones che in questo caso si lanciò nella produzione di un progetto musicale secondo me fondamentale di quegli anni ovvero 'Brian Jones Presents the Pipes of Pan at Joujouka'.

Il disco fu la registrazione di una performance live dei Master Musicians of Joujouka tenuta il 29 luglio del 1968 presso il villaggio di Jajouka in Marocco e alla quale presero parte lo stesso Brian Jones oltre che Ornette Coleman.

La storia di questo disco è troppo grande per essere raccontata in questa sede perché praticamente questo progetto coinvolge un sacco di personalità influenti nella cultura di quegli anni. Basti pensare che come produtori esecutivi sono menzionati tra gli altri (oltre che lo stesso Brian Jones) anche Philip Glass, Kurt Munkacsi, and Rory Johnston, e che a questo presero parte anche artisti Bachir Attar, Paul Bowles, Stephen Davis, Brion Gysin, David Silver e persino William S. Burroughs.

Il lascito culturale di un lavoro di questo tipo fu ed è tuttora immenso e costituisce un punto di riferimento per quello che riguarda un determinato approccio anche concettuale e filosofico alla psichedelia (oltre che musicale) e che è stato una costante negli anni fino ai giorni nostri, quando è stato ripreso come elemento centrale all'interno di una certa sottocultura neo-psichedelica formatasi attorno alla figura di Anton Newcombe e dei Brian Jonestown Massacre e che hanno visto poi la pubblicazione di episodi come ad esempio 'Dead Magick' del supergruppo islandese Dead Skeletons.

Proprio a una costola dei Dead Skeletons, il progetto TAU di Shaun 'Nunutzi' Mulrooney, sento di volere accostare questo brand new project composto da sei elementi e capitanato dal percussionista di Bruxelles Diego Moscoso e denominatao Phoenician Drive.

Il primo EP è stato pubblicato lo scorso 28 aprile presso Exag' Records, si intitola 'Two Coins' e contiene due tracce: 'Two Coins For The Boatman' e 'Fat Bill'.

Concettualmente il progetto si ripropone di attualizzare quelle sonorità che sono quelle storicamente e tipiche folkloristiche del bacino del Mediterraneo: dal Nord-Est africano (qualcuno potrebbe in questo senso giustamente pensare al tishoumaren di Tinariwen e Tamikrest) fino al Medio Oriente. Sonorità che in questo caso vengono rese chiaramente con un numero considerevole di guest e l'introduzione di strumentazione come flauti, clarinetti e sassofono e che guardano a un altro pezzo rilevante della storia della musica psichedelica degli anni sessanta-settanta, cioè la kosmische musik e il kraut-rock.

Così abbiamo da una parte esperienze come quella già menzionata di Brian Jones con i Masters Magicians of Joujouka, magari quei matti de gli Hapshash and the Coloured Coat e dall'altra il kraut-rock di Can, NEU! e anche quello più 'punk' de gli La Dusseldorf! e infine le influenze provenienti dal Medio Oriente e in particolare (citato come punto di riferimento) del chitarrista esponente del cosiddetto 'Anatolian Rock' Erkin Koray.

A differenza che nel progetto di Nunutzi, che guarda specialmente all'America Centrale e a un certo sciamanesimo, Moscoso e i suoi compari sembrano invece ricercare le origini di una certa cultura europea viaggiando a ritroso nel tempo e seguendo il culto di Tanit (divinità corrispondente nel culto dei fenici a quella di Giunone) guidati nell'oscurità dal fuoco della pira sacrificale nella quale bruciò Didone, figlia di Belo, re di Tiro, e fondatrice e regina di Cartagine.

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