Mi sono accorto solo adesso che il database di Debaser non contiene recensioni di Solaris. Male, molto male, mi sento quindi in dovere di offrire il mio contributo a questo capolavoro indimenticabile di Rupert Parkes uscito nel 2000, e che fece parlare molto di sé fin dall'arrivo nei negozi. Il motivo è semplice, tutto il mondo aspettava un nuovo riferimento nel genere drum and bass magnificato dallo stesso Photek, ma l'artista spiazzò tutti con una release che ne prendeva strategicamente le distanze, a esclusione di un solo brano, la Solaris del titolo.

Stupendo nei suoi contrasti dipinti fin dalla copertina idilliaca, Solaris di estivo o solare ha poco, pochissimo, tutto il disco è sommerso da un'oscurità contemplativa, i primi brani sono quasi un manifesto delle sue intenzioni. La magnifica Terminus apre in grande stile l'album con un beat tribale distorto da brividi, l'intero pezzo è costituito da sample ritmici e qualche accenno di synth, l'atmosfera è completamente allucinata, come vagare in una città di notte bendati. Junk è una ideale "parte 2", con percussioni pseudo jazz e una linea acida TB-303 sganciata senza ritegno in compagnia di uno scellerato e gommoso basso digitale. Poco dopo si uniscono alla fetta tappeti spettrali e un sample vocale che, indovinate un po', tuona "JUNK". Nemmeno il tempo di riprendersi da questo groove ubriaco che si finisce nella indefinibile Glamourama, primo degli episodi con beat in quartina nel disco, novità assoluta per Photek. Atmosfera sempre cupa, una struttura house techno scandita da ride pesantissimi e uno degli inserti vocali più strambi di sempre, la voce in italiano di una ragazza che narra la sua esperienza sessuale nel corso del brano, creando un curioso contrasto tra la claustrofobia gelida della composizione e il calore umanoe. Il pezzo ha veramente un fascino irresistibile e malsano, ancora oggi, ma ci stiamo solo scaldando. Il successivo Mine to Give è quello che possiamo considerare come il single del disco, impreziosito dalla voce di Robert Ownes. Questa rimane la più grande sorpresa dell'album, non solo per essere un brano spudoratamente house-garage, ma per la disinvoltura con cui Parkes riesce a maneggiare il materiale arrivando da direzioni completamente diverse, non è una cosa da tutti. Il cantato non è nulla di memorabile, i testi sono quasi fastidiosi, ma la composizione risulta evocativa e di grande impatto ancora oggi, con una delle più belle bassline house che io ricordi. Ascoltare per credere.

Lo stesso Owens partecipa anche nella successiva Can't Come Down, che sfrutta curiosamente molti suoni della precedente, ma con intenzioni diverse. Percussioni breakbeat e ancora una linea di basso che riesce a farsi ricordare. Solaris come detto è l'unico episodio dnb del disco, e per non deludere troppo i fan si traduce in un appuntamento esaustivo: quasi 9 minuti di piacere, tra bassline soffocanti e un intricato mosaico di synth, è la dimostrazione del livello qualitativo ormai raggiunto da Parkes in questo genere e allo stesso tempo una più che buona giustificazione per le nuove idee sperimentate nel disco. Gli ultimi quattro brani sono i più brevi e sembrano parti di un discorso unico, una sorta di suite dove Parkes scatena tutti i suoi demoni interiori, Halogen sembra un remix ancora più disperato di Glamourama, Lost Blue Heaven rallenta la velocità per immergersi in un universo trip-hop. Fantasmagorico il lavoro di produzione in questo brano, mentre Under the Palms prosegue sullo stesso linguaggio, ma aggiungendo accenni di cantato. Il brano conduce con il suo tono sonnacchioso e distaccato alla coda dell'album, una suggestiva esecuzione ambient.

Solaris è un capolavoro, il prodotto di rottura di un artista eclettico che non voleva rimanere imprigionato nei canoni di un genere. Lo tengo sempre stretto con me da 16 anni ed è sempre un piacere riscoprirlo. Adesso sarà per sempre anche nell'archivio di Debaser e la cosa mi rende ancora più soddisfatto. Se siete gente bella e che ama l'elettronica lo conoscete e amate anche voi, in caso contrario non vi porto rancore, ma vi invito a rimediare il prima possibile.

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