Immaginatevi una sala da concerto: al centro, un ensemble strumentale di 24 musicisti (16 fiati più 8 archi); tutt'intorno il pubblico, circondato da 6 gruppi di altoparlanti; e agli angoli estremi della sala, e in due punti ai lati, 6 solisti che suonano pianoforte, arpa, xilofono e glockenspiel, cimbalom, vibrafono, e un secondo pianoforte. Questi organico e disposizione di "Répons", 42 minuti di grande musica scritta da Pierre Boulez nel periodo 1981-1984 secondo la sua concezione di opera in divenire (work in progress).
In questo cd uscito per la Deutsche Grammophon trova spazio anche un secondo brano, "Dialogue de l'ombre double" (1985), che utilizza la stessa idea quanto all'utilizzo di 6 altoparlanti disposti alle estremità della sala: ma in questo caso è un clarinetto solista che per 18 minuti dialoga con la sua ombra, pre-registrata e diffusa dagli altoparlanti, invisibile e mobile nello spazio.
Ora però dobbiamo tornare a "Répons", il piatto forte del cd qui recensito: il titolo significa responsorio e si riferisce alla tecnica del canto liturgico in cui un solista intona il versetto, e il coro risponde con un ritornello. Così, in questo lavoro, avviene un dialogo tra i sei solisti e l'ensemble, oppure soltanto tra i solisti, e più in generale tra materiali musicali diversi tra loro. Importante l'aspetto elettroacustico relativo alla trasformazione del suono in tempo reale e alla sua spazializzazione attraverso gli altoparlanti: cosa che riguarda i sei solisti, mentre il suono dell'ensemble non viene modificato.
All'inizio "Répons" sembra un pezzo di musica "contemporanea" come ce ne sono tanti, in questo caso con un dialogo serrato, in primo piano, tra gli strumenti a fiato e quelli ad arco. Ma dopo l'introduzione di 6 minuti, Boulez dà fuoco alle polveri e trasforma il brano in un vitalissimo organismo musicale che lascia stupefatti per la fantasia e per la ricchezza dei suoni. Pur usando strumenti tradizionali, il compositore francese riesce a costruire una musica che suona fantascientifica grazie alla sua capacità di assemblare sonorità che ci sono familiari in combinazioni sempre inaspettate e di bruciante originalità.
È una musica densa, quella di "Répons" (così come è tesa e virtuosistica quella del "Dialogue"), fatta di suoni che riempiono lo spazio acustico, per cui è molto suggestivo il finale in cui il tessuto strumentale si sfalda un po' alla volta e restano in evidenza i solisti (in particolare, pianoforte, arpa, cimbalom e glockenspiel) più distanziati tra loro, finalmente liberi di lasciar risuonare la carica emotiva della loro voce.
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