"Divorzio all'italiana" (1961), "Sedotta e abbandonata" (1964), "Signore e signori" (1965): tre pietre miliari della commedia all'italiana, tre ritratti satirici dei vizi, delle ipocrisie e dei malcostumi della provincia (siciliana e veneta), che costituiscono il meglio del Pietro Germi "umorista", e acido moralista, degli anni sessanta e settanta.
"Sedotta e abbandonata" si distingue dagli altri due per un piglio maggiormente sferzante e sarcastico, per una progressione narrativa più ricca e quasi congestionata, per i tratti particolarmente virulenti con i quali il regista e gli sceneggiatori (Age, Scarpelli e Luciano Vincenzoni) delineano il quadro infernale di una Sicilia assolata e cupa, ancorata a retrogradi codici d'onore e dominata da un'atavica ipocrisia.
I temi sono gli stessi del predecessore, quel "Divorzio all'italiana" che, denunciando con le armi della satira e dell'umorismo nero l'arretratezza culturale e legislativa della Sicilia (e dell'Italia), aveva ottenuto un clamoroso e meritato trionfo internazionale, complice l'istrionica interpretazione di Marcello Mastroianni. Per il resto il film si muove su una strada differente: non più un sottile, ironico e perfettamente calibrato congegno comico, ma una violenta sarabanda di situazioni grottesche e parossistiche, allineate l'una dopo l'altra ora con concitata enfasi (soprattutto nella seconda parte), ora con un ritmo più tranquillo.
Nella complicata storia di tradimenti, di litigi, e soprattutto di onori familiari e personali da difendere (tutto ha origine dal rapporto sessuale clandestino consumato dalla sedicenne Agnese con Peppino, il fidanzato della sorella, ma la trama è talmente ricca di snodi e di situazioni accessorie che sarebbe ben difficile riassumerla in poche righe), Germi lascia completamente a briglia sciolta quella tendenza alla deformazione espressionistica che già era apparsa, più controllata, nelle opere precedenti. A partire dall'indimenticabile figura del padre di Agnese, tratteggiata dal sanguigno caratterista Saro Urzì, i personaggi di "Sedotta e abbandonata" sono maschere laide e sgradevoli che urlano, sudano e si agitano in nome di un unico imperativo: la difesa della propria rispettabilità. Non la bigotta rispettabilità dei bravi borghesi veneti contro i quali il regista scaglierà il proprio livore in "Signore e signori", ma un'arcaica concezione di onore familiare e personale che è parte integrante dei costumi siciliani, un'ansia di mantenere pulito il "buon nome" che spinge i protagonisti (nessuno escluso, nemmeno la giovanissima Agnese interpretata dalla Sandrelli) verso le azioni più assurde e abiette, come matrimoni riparatori e omicidi, e preclude alla radice la possibilità di qualsiasi sentimento autentico, compresi amore, comprensione e solidarietà.
Detto ciò, è parimenti vero che la Sicilia di questo film ha perso quasi del tutto quei tratti naturalistici ancora presenti in "Divorzio all'italiana": questa di Germi è adesso una Sicilia ben più deformata, quasi immaginaria, un inferno terreno dalle connotazioni arcaiche e tribali (come sottolinea la colonna sonora di Carlo Rustichelli), che pare quasi costruito ad hoc dal regista come pretesto per le sue invettive satiriche. Un "difetto" di impostazione che stride con l'esplicita volontà di denuncia e che, assieme al ritmo non perfettamente calibrato, al gusto troppo insistito per il grottesco e l'eccesso e, in generale, a una certa tendenza ad andare sopra le righe, rende complessivamente "Sedotta e abbandonata" un film non del tutto riuscito.
Eppure, pochi altri registi in Italia sarebbero stati in grado, alla pari di Germi, di mantenere così elevati la tensione e l'interesse dello spettatore per oltre due ore di film barocco, sovrabbondante e volutamente sgradevole; di rendere psicologicamente credibili personaggi in apparenza caricaturali e monodimensionali; di trasmettere nonostante tutto il proprio messaggio con tanta limpida precisione. E alla fine possiamo dire di essere comunque in presenza di un grande film: forse meno bello rispetto a "Divorzio all'italiana", comunque bello in maniera diversa.
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