"C'era un gruppo che ho guidato e per il quale ho fatto la maggior parte del lavoro per molto tempo. Già i Floyd durarono dieci anni più di quanto avrebbero dovuto, perché c'era la convenienza del nome celebre, il denaro a fiumi, il successo". (Roger Waters).
Un breve cenno storico sembra doveroso. Dopo il settembre del 1986, quando oramai David Gilmour - d'intesa con Nick Mason - aveva comunicato a Roger Waters la loro intenzione di incidere un nuovo disco e di riprendere a fare concerti, il bassista fu perentorio nel manifestare il proprio diniego. Infatti il 31 ottobre dello stesso anno diede inizio presso la Corte suprema di Londra alla causa legale che avrebbe dovuto portare al definitivo scioglimento della società "Pink Floyd Music Ltd", impedendo così agli altri ex-membri di poter usare il nome del gruppo. La Corte nel dicembre '86 diede provvisoriamente ragione a Waters, ma nel febbraio dell'anno successivo fu il dj Tommy Vance a dare la notizia che Gilmour e Mason vincendo l'appello, avevano ottenuto il diritto ad utilizzare il nome Pink Floyd per dischi e show che sarebbero venuti.
Le registrazioni per il nuovo disco erano già iniziate nel settembre del 1986 ed anche il coinvolgimento di Rick Wright fu reso possibile per via dell'assenza di Waters. Dando un'occhiata alla copertina dell'album partorita dalla mente di Storm Thorgerson che nel 1977 aveva già concepito "Animals", ci si rende conto che il sapore che se ne vuole ottenere è in odore di Pink Floyd dall'inizio alla fine. Per il contributo compositivo si ricorre ad Anthony Moore, (ex Slapp Happy), Phil Manzanera (Roxy Music) e tra gli altri anche al valido Jon Carin (qualcuno si ricorda dello smash hit "State Of The Nation" degli Industry?), mentre per l'accoppiata ritmica saranno Tony Levin e i due batteristi Jim Keltner e Carmine Appice a completare la squadra per lo svolgimento di un avvincente teamwork.
L'apertura è lasciata a dei rumori di sottofondo richiamanti l'acqua ondeggiante, dei remi che imprimono movimento ad una imbarcazione che si trascina spossata (a ricordare gli inizi delle registrazioni avvenute sull'Astoria, l'imbarcazione di Gilmour ancorata sul Tamigi), in cui il sommo suono delle tastiere fa da ponte verso "Learning To Fly". La traccia non fa una piega, ci immerge piacevolmente in una miscela di sonorità dove la levigata interpretazione vocale viene a fondersi con l'attento ed orecchiabile assetto strumentale, dimostrando la facile identificazione di un suono che ha fatto storia. Il fragore di "The Dogs War" sembra voler riagganciare - almeno per le lyrics - ai temi sociali a cui Waters era tanto attaccato, pur se la parte migliore pare giocarsela il sax, in un ispirato intermezzo di note che unito ai cori di sottofondo contribuiscono a farne un brano adatto a catturare ancora di più in una live performance. A "One Slip" (con tanto di campanello iniziale) spetta il compito di mantenere buono il livello del disco, che vuoi per la ritmata inquietudine trasmessa dalla strofa e per il vivace accompagnamento mai scontato della storica sei corde, riesce comunque nell'intento di appagare chi ascolta.
E' un disco in cui la chitarra di Gilmour è pienamente riconoscibile e ad un'unica voce che si fa carico dell'intero lavoro non si può dire nulla, ma sicuramente non siamo di fronte ad un disco che possa ambire al titolo di classico floydiano. L'ascolto prosegue con brani che non possono essere tacciati di sufficienza nella scrittura o di una produzione inadatta, visto che seppur ascoltando la strumentale "Terminal Frost" in cui fa capolino un'accettabile ripetitività, facendo scorrere "Yet Another Movie" la garbata atmosfera di visionarietà che ha sempre caratterizzato il sound del gruppo viene autenticamente a manifestarsi. Gli intermezzi a nome "A New Machine" (pt. 1 e 2 ovviamente) puntualizzano la volontà di ricercatezza di un certo mood che trova espressione ideale nelle conclusive tracce (una per side, siamo su un Lp ricordate?) "On The Turning Away" - che riproduce la seduzione delle migliori melodie del passato senza scomodare d'obbligo "Comfortably Numb" -, e "Sorrow" in cui stati di delirio ed alienazione vengono sorretti da uno scenario strumentale in cui Gilmour ne incarna il ruolo di perfetto regista.
E' ovvio che "A Momentary Lapse Of Reason" disegna la visione pinkfloydiana secondo il punto di osservazione di Gilmour, che come principale protagonista cerca in tutti i modi (ed anche riuscendoci) di tirar fuori un disco dal suono chiaramente familiare e che si muova con eleganza tra quelle atmosfere che insieme a Waters avevano definito i capolavori del passato. La perdita del bassista se da un lato segna indelebilmente l'assenza di un talento, dall'altro viene a riequilibrarsi con la gioia e la spinta dei rimanenti membri a ritrovare lo spirito che ha contribuito a far sì che gli aspetti positivi superassero di gran lunga quelli negativi. Per un Roger che se ne va un Rick che rientra e l'intero gruppo che sembra aver ritrovato una vena creativa ed una vivacità, lasciando sicuramente i tre più liberi musicalmente, facendo ritrovare la giusta simmetria tra musica e testi che nei precedenti ultimi lavori aveva propeso più per le parole.
Niente male per la neo gestione Gilmour che fa partorire un disco che ha tutte le carte in regola per provar con rispetto ad onorare il passato rispettando il presente, cogliendo palla al balzo anche per avvicinare nuove generazioni di sostenitori, senza dimenticare che il titolo originario doveva essere "Delusion Of Maturity" e che solo un'infinita dose di english humour, farà propendere il chitarrista per quel momentaneo istante di ragionevolezza che ancora oggi possiamo apprezzare.
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