"Hey Eugene" rimane a mio parere il capolavoro più rappresentativo dei Pink Martini, l'album che consiglierei di ascoltare a chi di questo originalissimo e straordinario progetto non conosce nulla: se non vi piace allora in voi c'è qualcosa che... oops volevo dire passate pure ad altri lidi, se invece vi piace allora il passo successivo che suggerirei è proprio questo , una scelta particolare, poco canonica, ma secondo me perfetta. Innanzitutto qui non c'è China Forbes, la voce abituale del gruppo; a prenderne il posto è la giapponese Saori Yuki, classe 1948, e la scelta di collaborare con lei è una mossa nel più puro stile Pink Martini. Saori Yuki non è un'artista sulla cresta dell'onda, anzi, la sua carriera discografica è limitata a qualche album negli anni '60 e un singolo di successo, "Yoake No Scat", dopodichè ha preferito dedicarsi alla televisione e al cinema, fino ad essere "ripescata" nel 2011 dai Pink Martini. Thomas Lauderdale è sempre stato così, un riscopritore di artisti e sonorità appartenenti al passato, ormai dimenticati dai più, e la sua passione per il pop giapponese vintage non è di certo una sorpresa; in ogni album dei PM c'è almeno un pezzo proveniente da quella tradizione, partendo dalla spettacolare "Song Of The Black Lizard" in "Sympathique". "1969" nasce quindi sotto una buona stella, con tutti i migliori auspici, e il risultato finale supera addirittura le mie più rosee aspettative.

Un album di cover, tutte più o meno datate 1969 come facilmente intuibile, e (quasi) interamente cantato in giapponese: queste sono le particolarità, ma in fondo "1969" rimane fedele a quasi tutti gli stilemi dei Pink Martini. Non mancano infatti la bossanova, la chanson francese, il pop-jazz, l'easy listening anni '60, tutti stili già ampiamente sperimentati nelle uscite precedenti. Però "1969" resta comunque un capitolo a parte; gli altri album dei Pink Martini, "Hey Eugene" in primis, conquistano l'ascoltatore con l'esuberanza e l'eclettismo, trascinando l'ascoltatore in un tourbillon di atmosfere e musicalità eterogenee, questo è più elegante, pacato e uniforme. L'apporto vocale di Saori Yuki è determinante: una cantante completamente diversa da China Forbes, che non punta sulla vivacità e l'impatto scenico della performance, ma su un timbro suadente, delicato e di rara dolcezza. Bravo Tom Lauderdale a modellare intorno alla sua voce un sound e un repertorio che la valorizza perfettamente. "Yuuzuki (Evening Moon)" entra di diritto tra le migliori performance dei Pink Martini, canzone meravigliosa e di grandissima forza evocativa, arragiamento sontuoso ed elegantissimo che trabocca di una sensualità dolente e notturna, che mi rievoca quelle sonorità e quelle atmosfere esplorate da Marc Almond nel suo "Heart On Snow", anche se le radici sono diverse. Inizio impeccabile quindi, all'insegna di un fascino magnetico che si irradia su tutto l'album; "Blue Light Yokohama" è semplicemente la Perfezione, sia musicale che estetica in senso lato, dovrebbe essere uno standard, un capolavoro iconico riconosciuto in tutto il mondo; "Yoake No Scat (Melody For A New Dawn)", la canzone che fece le fortune di Saori Yuki, ha una romanticismo e una malinconia quasi straniante con quei vocalizzi che echeggiano e si dilatano, evocando un timido sole nascente che si fa strada tra le nebbie del primo mattino.

Come ho già detto c'è anche la bossanova; Giappone e Brasile, due realtà diversissime, culture e mentalità quasi antitetiche, eppure qui riescono a fondersi perfettamente, in totale armonia: "Mayonaka No Bossa Nova", sensuale e ammiccante, poi il classicissimo "Mas Que Nada"; reinterpretazione raffinata, fedele all'originale ma con un tocco di algida freschezza in più; si sposa perfettamente con la voce di Saori, con la cadenza metrica della lingua di Saori. Come non citare poi "Puff The Magic Dragon", un classico della musica leggera, portato al successo da Peter, Paul and Mary: nelle sapienti mani dei Pink Martini diventa ancora più bella; un capolavoro melodico, forse minore ma a noi non frega niente, che si riveste di abiti nuovi senza perdere il suo incantevole candore infantile. Ci sono poi ballate orchestrali, crepuscolari e strappacuore come "Li Janaino Shiawasu Naraba (It's Okay If I'm Happy)" e "Watashi Mo Anata To Naite Li (Consolation)", la dolcissima "Wasureitainoni (I Want To Forget You, But...)", ed è come se una mano riemersa dal passato, avvolta in morbido guanto di seta, si posasse sulla mia spalla. Il mio spirito si distende, si rasserena, non posso fare a meno di sorridere.

Aperto dallo spleen serale di "Yuuzuki", l'album si chiude nel fresco tepore mattutino di "Kitsesu No Ashioto (Footsteps Of The Season)", folk acustico, semplice e gentile, che pone fine allo spettacolo ma non all'incanto, quello rimane e lascia il segno, appaga il sognatore che è in me, l'esteta che è in me. Cosa chiedere di più? Assolutamente nulla, non ho nessun appunto, nessuna critica anche marginale per "1969", qui ci sono semplicemente i Pink Martini al loro meglio, affiancati da una cantante deliziosa e alle prese con un'operazione interessantissima e di alto profilo, non posso oggettivamente chiedere nient'altro.


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