Polly Jean pubblicò quest'album nel 1998, dopo "To Bring You My Love", troppo complesso per essere apprezzato appieno, e il "Dance Hall at Louse Point", dove gli spunti degni di nota sono leggermente esigui (cito "Heela" e "That Was My Veil"), rispetto a come PJ ci ha abituati. Ci si aspettava dunque un nuovo disco che fosse pregevole in ogni suo punto e che in un certo qual modo fosse anche di rottura rispetto ai lavori precedenti. Ne scaturì un album, in cui, come sappiamo, PJ si destreggiò con la contaminazione elettronica, visibile soprattutto in tracce come "The Wind", "Electric Light" o "No Girl So Sweet".
Dal punto di vista contenutistico, invece, si tratta di un cd la cui struttura potremmo definire 'episodica' (sull'esempio del dramma 'Le Troiane' di Euripide, mi si perdoni la divagazione 'classica'): ossia che si articola in quadri separati, cioè in storie ben delineate e indipendenti fra loro. E già il primo quadro, la prima traccia, ci trascina di forza in questo concetto: in "Angelene" PJ ci offre un quadro di fulgida intensità: si parla di una donna il cui unico peccato è amare per soldi (non so se mi spiego), come dice un verso della canzone. Può essere banale il tema, ma il modo in cui ce lo presenta l'autrice e tutt'altro che banale. Alla fine poi la protagonista lascia spazio alla speranza di cambiare esistenza e di essere amata finalmente in modo pieno e sincero ("But there'll be one who will collect my soul, and come to me"); dunque è impossibile non lasciarsi smuovere emotivamente da questi toni dolci e pacati nel descrivere una condizione tanto scabrosa. La traccia seguente è "The Sky Lit Up", e anche qui ci viene offerto, anche se con toni diametralmente opposti, un quadro di potente intensità a livello sensoriale ("The sky lit up, and I'm lighter than I've ever been"). Per farla breve, la protagonista è in giro per la città e assorbe tutta l'aria e l'atmosfera che avverte attorno, e si sente luminosa, splendente, poichè investita di tutta una tempesta di stati d'animo sconvolgenti e immediati, il tutto unito ad un andamento ritmico incalzante, fino all'esplosione finale. Degno di nota il fatto che PJ riesce a condensare questa molteplicità emozionale in un brano di nemmeno 2 minuti (!).
Il disco prosegue poi con altre storie e altri personaggi, come Catherine, Elise e Joe (strano che quest'ultimo nome compaia qui in ben 2 canzoni e dia il titolo a una canzone del cd "Dry"; forse si tratta di un nome particolarmente caro alla penna di PJ....).
In conclusione, si tratta del miglior album di PJ Harvey, non solo per la notevole inventiva e poliedricità che ha dimostrato nel sound, ma anche per la sua fertile composizione a livello testuale. Insomma non è musica, ma una vera e propria anabasi musicale.
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