Polly Jean Harvey.

 

Polly Jean che quindici anni fa gridava ai suoi amanti di leccarle le ferite negando qualsiasi tradimento, che si riteneva felice e sanguinante e che pur di donare il proprio amore malediceva quel Dio lassù giacendo con il demonio.

Polly Jean. Donna carismatica come poche, nonostante non sia un ideale di bellezza, che dietro al viso ossuto e i capelli fluenti nasconde uno sguardo da cerbiatta capace di crocifiggerti, puntandoti chiodi negli occhi. Ed eccola qui, a San Valentino, tre anni dal sofferto e delicato "White Chalk" e a due dalla parentesi con John Parish, dove sembrava aver trovato il perfetto equilibrio tra il rock mainstream ma fottutamente potente (la straordinaria "Black Hearted Love", che anche al millesimo ascolto non stanca mai) e le cantiche post-Gessetto bianco ("California Leaving"). E ora torna a scuotere l'Inghilterra tra sussurri e grida

"Let England Shake". Un lavoro ostico, quanto affascinante e scarno, anticipato da un singolo strappabudella come "The Words That Maketh Murder", straordinario taglio folk che nella sua eleganza torna a riscoprire rabbia e dolore, gettandolo come ferite sul corpo di chi ascolta: il ritmo è travolgente, coinvolge a spirale e sotterra.

In apertura, la title-track, già presentata dal vivo in precedenza con il suo accennato swing, si mantiene scanzonata ed ubriaca, come la si vuole. La sua rabbia che si evolve, sull'apparente calma, che stravolge nella meravigliosa "England", sofferta preghiera che carambola tristi sospiri e urla a squarciare il silenzio o la più orecchiabile "The Last Living Rose", che con il suo rock dolente diventa un sospiro di sollievo quando all'orizzonte si scaglia l'amuleto del disco: una straordinaria "All And Everyone", sei minuti di pura poesia che rimanda direttamente ai momenti più oscuri dei primissimi passi dell'arrabbiatissima sacerdotessa del Dorset. Bellissime anche "The Glorious Land", cadenzata marcietta con danzanti liriche in primo piano e trombette sull'orizzonte, e "Written On The Forehead", ballad prewar-folk di un'eleganza imperfetta che strugge. 

"Ho lavorato prima sui testi. La musica è venuta da sola" afferma la cantautrice. Ed effettivamente i testi, cattivissimi ma speranzosi, sono proiettili spuntati che scuotono letteralmente, amalgamandosi alla bellezza delle composizioni musicali, vera e propria evoluzione nella poetica della Harvey, sempre capace di trasmettere emozioni suadenti e indimenticabili

Un appassionato viaggio da non perdere, con la Polly sempre pronta a ferire cuori con frecce appuntite. 

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