Non mi è piaciuta l'ultima immagine di P. J. Harvey, quella di "Stories from the city..." per intenderci, troppo "ripulita", troppo "glamour".
È questa in realtà la la Polly Jean che io amo, quella, secondo me, piú autentica. Adoro il suo modo di sbatterti in faccia la sua parte oscura e le sue perversioni senza vergognarsene, di usare la sua femminilità come un'arma. Certo che per una "rock star" è molto più facile che per una donna qualsiasi e magari aiuta anche a vendere piú dischi, ma voglio pensare che Polly Jean sia veramente così, l'altra faccia della medaglia, quella che in genere noi donne non vogliamo o non possiamo mostrare.

Polly Jean, come tutte le seduttrici nate, è bravissima a creare "illusioni"; a partire dal suo aspetto fisico, ad esempio: non è bella ma è talmente convinta di esserlo che alla fine arriverai a crederlo anche tu, apprezzerai il suo viso irregolare ed il suo corpo minuto. Anche "To Bring You My Love" è "un'illusione", a partire dal dolce titolo che sembrerebbe quasi contrapporsi ai precedenti "Dry" e "Rid Of Me".

La prima traccia, "To Bring You My Love", spalanca invece la porta di una stanza fredda e buia, lei è li che ti aspetta, "Ho giaciuto con il diavolo / Ho maledetto il buon Dio / Rinunciato al Paradiso / Per portarti il mio amore", dice, ma in realtà vuole solo "assobirti", annullare la tua forza di volontà di uomo incauto che vorrebbe entrare.
La tensione iniziale sembra andarsi a stemperare con le pur sempre "forti" "Meet Ze Monsta" e "Working For The Man" fino ad arrivare quasi alla luce con la ballata "C'mon Billy" ma il sollievo dura poco, l'onirica "Down By The Water" ci ripiomba immediatamente nell'inquietudine.

Il fascino di questo disco sta nel continuo senso di "urgenza" che lo pervade. In tutti i testi P. J. Harvey passa continuamente dall'essere vittima a carnefice quasi come se talvolta fossero proprio le sue stesse armi a sopraffarla.

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