'Cara oscurità' 

PJ si siede al pianoforte, si lascia andare allo stream of consciousness e con una nuova voce va a toccare nuove corde, nuovi strumenti, nuovi angoli mai esplorati. Nuovi mondi, ultraterreni.

La decima uscita a nome PJ Harvey è, per l'ennesima volta, qualcosa di insolito e drastico per Polly Jean e per chi la ascolta. L'album precedente, Uh Huh Her (2004), era un cassetto pieno di confessioni intime, calde, blues e grezze, summa autocelebrativa del suo percorso musicale, con tanto di collezione di autoscatti nel booklet.
Stavolta, più decisa che mai a non ripetersi, abbandona la chitarra elettrica e le urla roche in un angolo, alla ricerca del nuovo, dell'inesplorato, affidando il processo compositivo a strumenti nuovi: arpe, armoniche, strumenti acustici e il pianoforte su tutti, catturando melodie e tonalità del tutto inusitate.
La voglia di sperimentare riporta alla mente gli album To Bring You My Love ('95) e Is This Desire? ('98), e riporta alla produzione collaboratori di vecchia data: Flood e John Parish.
Forse un rischio, per una che non vuole ripetersi, ma perfino la voce non è più la stessa.
Da dove arrivano quegli ariosi acuti sopranili, quegli intrecci di cori spettrali?
Polly ha affermato che questa suo nuovo modo di cantare viene da quando andava in chiesa con la sua nonna, scomparsa da poco, a cantare nel coro. Il nuovo lavoro presenta un'influenza al solito oscura, ma stavolta più etera, spettrale, funerea rispetto alla ruvida carnalità dei precedenti.Un disco che viene dall'oltretomba.

Ed è proprio con un coro di spiriti venuti dall'aldilà che si apre l'album: la marcia gotica di 'The Devil' sembra la colonna sonora di un film di Tim Burton, evoca brughiere nebbiose dove in una notte senza luna, il diavolo si impossessa dell'anima di una povera 'fanciulla gentil' che invoca pazzamente l'amato: 'Come! Come! Come here at once!'.
'Dear Darkness'  ha un passo lento, una danza sommessa insieme alla cara amica oscurità, compagna fedele di tanti anni a cui viene chiesto riscatto. Nel ritornello si aggiungono arpeggi di chitarra al piano e la voce di un'altro fedele amico, John Parish. Emozionanti i piccoli momenti di silenzio.
'Grow Grow Grow', metafora bucolica di semi piantati, rose e quercie,e una Polly che vorrebbe crescere e piange, mentre il piano riverberato disegna una malinconica e drammatica cantilena Vittoriana.
Nei prossimi minuti l'atmosfera si rasserena, con la pacata e sussurrata 'When Under Ether', dove si accenna un'atmosfera pacifica, un dolce sorriso sotto l'effetto della morfina, nonostante il testo sembri riferirsi ad un'intervento di aborto: 'Qualcosa dentro di me, mai nato e mai benedetto, si dissolve nell'etere, da questo all'altro mondo'. Accompagnata dalle ansiose ma appena udibili percussioni di Jim White dei Dirty Three, azzecatissime.
Gli amati paesaggi del Dorset e le colline di gesso bianco del Dover sono l'ipirazione per la title-track, folk luminoso, leggero, chitarra acustica, piano e comparsata di armonica e banjo per un traportato tributo alla propria terra. Echi di voce fra le colline e il mare.
Strofe per sola voce aprono il brano più breve, 'Broken Harp', a tratti sostenute da sghembi arpeggi acustici e in seguito da un organo, un coro che lega con i brani acustici del passato.Vola via così come arriva, riportando la malinconia.
Un'altro momento di luce, pianoforte scandito e spazzole sul rullante, emozionante finale in cui la voce si distacca dalla confusione delle timide strofe, librandosi nell'aria con un'unica parola, prolungata e ripetuta, cercando una cosa sola: 'Silence'.
Seguiamo la luce, e ci ritroviamo in un'altra dimensione, 'To Talk To You', fuori dal tempo, in un purgatorio di fiori secchi e pianoforti impolverati da cui proviene una fragile preghiera: 'Oh grandmother, I miss you, underneath the heart I wish I was with you'.Un luogo sospeso dove si possono ritrovare le persone care: 'Se mi stendo a terra, puoi sentirmi?'.
Il ruolo principale del pianoforte si palesa sin dal titolo della storiella macabra 'The Piano', dove lo strumento sembra uno scheletro, e le sue corde delle lingue sferraglianti, l'atmosfera torna sul gotico, con contrappunti di organo di Eric Drew Feldman e inquietanti controcanti.
La murder ballad 'Before Departure' è la lettera di addio di un suicida, ha un ritornello cadenzato e accorato, l'ultimo momento funereo prima della traccia di chiusura,'The Mountain'.
Un sussurro. Silenzio. Parte il piano. Il lirismo vocale evoca panorami immensi, sulla montagna c'è un'aquila che vola e un soldato che sta per morire, ma i toni si fanno amari, perchè l'unica cosa che conta è che nel cuore di Polly c'è una grande aridità. I tasti del piano vengono picchiati sempre più violentemente, finchè partono urla acutissime, incontrollate, impazzite di dolore.

E, come la PJ fantasma ritratta in copertina, questo disco si impossessa della tua anima.

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