'Nazi Hunters' è una serie a episodi di carattere documentaristico e proposta da History Channel tra il 2010 e il 2011 e che racconta come si sono storicamente svolti i fatti per quello che riguarda la caccia di militari e in particolare criminali di guerra nazisti che sfuggirono alla cattura alla fine della seconda guerra mondiale.

Va specificato che la serie, fu alla fine realizzata una sola stagione, racconta sia casi in cui la 'caccia' sia andata a segno (come nel caso ad esempio di Adolf Eichmann) che altri che per varie circostanze si coclusero con un fallimento e la mancata cattura come ad esempio nel caso di Joseph Mengele.

Uno di questi episodi interessa forse più degli altri maniera stringente e contingente quelli che sono stati gli avvenimenti durante la seconda guerra mondiale nel nostro paese, l'Italia, dato che è dedicato alla cattura del criminale di guerra, agente della Gestapo e capitano delle SS Erich Priebke.

Noto a Hennigsdof, una piccola cittadina a nord ovest di Berlino nel 1913, Priebke aderì nel 1933 al partito nazionalsocialista dei lavoratori; nel 1936 entrò a fare parte della Gestapo e dal 1941 fu trasferito, grazie alla sua conoscenza della lingua italiana, nel nostro paese. Fu interprete presso l'ambasciata tedesca a Roma, capo della Gestapo a Brescia e infine Capitano delle SS a Roma, sotto il diretto comando del tenente colonello Herbert Kappler.

L'episodio che tra gli altri lo vide protagonista e per il quale passerà in maniera disgraziata alla storia fu l'eccidio delle Fosse Ardeatine, l'uccisione di 335 civili e militari italiani trucidati a Roma il 24 marzo del 1944 dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l'attentato partigiano di Via Rasella compiuto il giorno precedente e nel quale rimasero uccisi 33 soldati tedeschi. L'evento costituisce sicuramente il 'simbolo' di quella che fu la durezza dell'occupazione tedesca non solo nella città di Roma ma in tutta Italia ed è ancora oggi ricordato in maniera commemorativa e istituzionale.

Secondo le ricostruzioni storiche, l'eccidio fu voluto da Adolf Hitler in persona e ordinato di conseguenza dal tenente colonnello Herbert Kappler, che, arrestato dagli inglesi alla fine della guerra, fu processato nel 1947 da un tribunale militare italiano e condannato all'ergastolo. La questione quanto pare fu particolarmente controversa perché più volte le istituzioni tedesche federali inervennero per richiedere un provvedimento di clemenza e in carcere Kappler continuò a ricevere la pensione garantitagli dal governo di Bonn. Ricoverato presso l'ospedale del Celio di Roma nel 1976 a causa di un aggravarsi delle sue condizioni di salute, nel 1977 Kappler evase e fuggì in Germania dove morì nel 1978...

Ma questa è una storia che non è oggetto del documentario di History Channel, che invece si concentra specificamente sulla cattura di Erich Priebke e di come questa sia avvenuta per circostanze quasi casuali.

Siamo infatti nell'aprile del 1994, quando il reporter della ABC News Sam Donaldson si reca nella cittadina di Bariloche nella provincia del Rio Negro, Argentina.

Bariloche è una piccola cittadina situata alla base delle Ande e che cominciò a essere variamente popolata di immigrati provenienti da Austria, Italia, Slovenia e soprattutto Germania sin dalla fine del 1800. Ma in particolare, nel corso degli anni del dopoguerra, la cittadina divenne nota per essere divenuta una delle principali mete per i nazisti che erano sfuggiti alla cattura. Addirittura, in un libro del 2004, l'autore argentino Abel Basti sostiene che lì abbiano vissuto anche Adolf Hitler e Eva Braun. Anche se questa tesi non è mai stata effettivamente dimostrata e per quanto ne sappiamo, costituisce più una suggestione che altro.

La caccia a Priebke cominciò in maniera del tutto casuale.

Donaldson in principio si recò infatti a Bariloche per ricercare un altro criminale di guerra, l'ufficiale nazista Reinhard Kopps. Avvalendosi dell'aiuto della ricercatrice argentina ebrea Dalila Herbst e in un generale clima di ostilità da parte della popolazione della cittadina di Bariloche, che Donaldson descrisse come una specie di 'piccola Baviera alle pendici delle Ande', l'attenzione si spostò ben presto su Erich Priebke, grazie alla consultazione di materiale di archivio e di un libro, 'El pintor de la Suiza argentina' di Esteban Buch, che menzionava il capitano delle SS come parte della comunità di nazisti che vivevano a Bariloche sin dall'inizio degli anni cinquanta. Successivamente, sollecitato dalle domande di Dalila Herbst, fu proprio Reinhard Kopps a confermarne l'identità.

Pressato da Sam Donaldson e la troupe del programma dell'emittente statunitense ABC, 'Prime Time Live', Erich Priebke ammise la sua identità e di essere stato responsabile dell'eccidio, definendo questo come una tragedia, confermando di essere stato egli stessi l'autore diretto della esecuzione di due delle vittime e sottolineando il fatto che in ogni caso egli aveva semplicemente dovuto eseguire degli ordini.

Il resto riguarda le cronache giudiziarie italiane.

Nel novembre del 1995 infatti Priebke arrivò in Italia, dove venne recluso nel carcere militare di Forte Boccea a Roma.

Il processo divenne chiaramente un fatto mediatico, che chi ha qualche anno in più ricorderà sicuramente: il tribunale militare, pure riconoscendo le responsabilità dell'imputato, ritenne che questi non dovesse difendersi perché non si poteva procedere, essendo il reato caduto in prescrizione e ne ordinò la scarcerazione. Una manifestazione di protesta tuttavia tenne letteralmente sotto assedio la sede del tribunale, finché il ministro Giovanni Maria Flick annullò la sentenze e impose la condanna.

La questione è particolarmente complessa e la sua ricostruzione nel dettaglio richiederebbe uno spazio troppo ampio che chiaramente non ci possiamo concedere in questo frangente specifico. Comunque la faccenda si prolungò per altri due anni fino al novembre del 1998, quando alla fine Priebke fu condannato all'ergastolo, ma pochi mesi dopo, causa l'età avanzata, gli fu concesso di scontare la pena agli arrresti domiciliari.

Ciononostante le polemiche non si estinsero e negli anni 'eminenti' rappresentanti del mondo della politica e del mondo intellettuale, diciamo così, vollero esprimere in maniera diretta una certa solidarietà a Erich Priebke ritenendo il provvedimento ingiusto o comunque ingiustificato alla luce dei fatti esposti. Questo fino alla data del suo decesso, l'11 ottobre 2013.

Qualche mese prima, in occasione dei suoi cent'anni, non mancarono espressioni di solidarietà e di fanatismo estremo nei suoi confronti: Priebke venne descritto come un vero e proprio 'eroe' e vittima del sistema giudiziario.

Tutto questo succedeva praticamente solo quattro anni fa (praticamente ieri) e nei confronti di quello che fu senza dubbio un criminale di guerra a prescindere da qualsiasi tipologia di giudizio e comunque condannato come tale.

Al di là della storia della sua cattura, raccontata in maniera descrittiva e accurata in questo episodio di 'Nazi Hunters', che affronta la questione in maniera abbastanza netta considerando Priebke un criminale di guerra e basta e senza retorica né comunque mettere mai in discussione questo aspetto, restano comunque giuste perplessità nello spettatore per quelle che sono state e sono determinate manifestazioni culturali e che riguardano quei fatti successi così tanti anni fa e che ancora oggi ritornano. Forme di pensiero che definirei stucchevoli e che fanno parte della storia come della cronaca di questi giorni se pensiamo a quello che sta succedendo e a partire da lunedì, quando in una curva dello Stadio Olimpico di Roma sono stati ritrovati adesivi con su raffigurata Anna Frank con indosso la maglia della Roma e diffuse a quanto pare da alcuni tifosi della Lazio.

A parte il cattivo gusto e la 'provocazione' del gesto, che comunque ripropone un certo tema riguardante quello che succede nei nostri stadi, che appaiono sempre e comunque essere una specie di 'porto franco' e dove tutto può succedere senza nessuna conseguenza di tipo legale, così come la vera 'natura' di alcuni presunti gruppi di tifosi, ho trovato altrettanto improbabili e improponibili alcune delle reazioni, come quella del quotidiano 'La Repubblica' e di altri giornali che hanno proposto la stessa foto ma con Anna Frank che indossa questa volta non una ma più maglie di squadre del nostro campionato, creando una specie di composizione nello stile della pop-art di Andy Warhol.

Non mi sono sentito offeso oppure scandalizzato, semplicemente mi domando da privato cittadino quale sia il giusto approccio nei confronti di una questione evidentemente così delicata e che riguarda non solo la discriminazione ma anche quella che possiamo definire come 'memoria storica'.

L'individuazione dei responsabili e la 'ferma condanna' dei vertici federali, il DASPO mi sembrano un atto quanto meno dovuto. Sono interventi che tuttavia hanno una utilità e una funzione relativa.

Allo stesso tempo senza scadere in considerazioni facili e di natura moralista (ma come si fa non essere moralisti quando parliamo di olocausto...) ho sempre pensato che alcune cose come le commemorazioni per l'eccidio delle Fosse Ardeatine oppure la giornata della memoria, fossero qualche cosa di inutile oppure dal contenuto facilmente buonista. Però alla luce di determinati fatti e comunque di quello che è un comportamento generalmente razzista e diffuso (non solo nei confronti degli ebrei), non posso che rendermi conto, praticamente alzando le mani e arrendendomi all'evidenza dei fatti, che determinate cose vadano comunque raccontate e pure in situazioni che possano apparire piene di retoriche come la istituzione di giornate commemorative oppure la distribuzione del 'Diario' e di 'Se questo è un uomo' a margine di una partita di calcio.

Fu la condanna di Priebke qualche cosa di giuridicamente 'esatto' oppure no. Su questo aspetto lascio una porta aperta a quelle che possono essere considerazioni diverse e anche per chi ne detiene la competenza, giustamente tecniche e che magari potrebbero indurre a riflessioni e considerazioni sul nostro sistema giuridico in generale. Ma fu invece questa condanna allo stesso tempo qualche cosa di comunque rilevante e 'giusta' sul piano storico e morale. La risposta secondo me è sì e così come vengono i fatti storici raccontati per quello che sono stato, ritengo che negli annali anche questa condanna vada considerata come un fatto esemplare al di là del superamento di quelli che potevano essere ostacoli di natura tecnica e politica e che avrebbero potuto impedirla.

Il resto riguarda il senso critico e questo te lo possono dare solo l'educazione e la formazione scolastica e familiare. Operazioni di carattere documentaristico come questa breve ma completa ricostruzione di P.J. Naworynski e che racconta fatti che appaiono lontani nel tempo e che invece come abbiamo visto sono più attuali di quanto potessimo pensare sono un contributo storico e solo apparentemente neutro perché partono da un presupposto, la condanna del nazismo, che dovrebbe essere un patrimonio universalmente condiviso e che invece barcolla non solo nel nostro paese, ma come recenti fatti di cronaca ci hanno raccontato, anche negli Stati Uniti d'America e nel resto del mondo.

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