"Abbiamo fatto un disco che parla di scelte di vita, di scegliere di vivere, di uscire dall'oscurità e andare verso la luce. Questo non vuol dire necessariamente dimenticarsi del buio, anche perchè il buio esiste, c'è, è essenziale, è parte di quello che siamo, ma di scegliere di stare comunque dal lato della luce del sole. Sono molto ottimista riguardo al futuro, sono in un momento positivo per la mia mente, quello che vedo è eccitante".

Parole simili se ne sentono tante, prima dell'uscita di un nuovo lavoro di una qualsiasi band. Fidatevi, però: Brian Molko, leader dei Placebo, non è mai stato così sincero. "Battle For The Sun", il nuovo lavoro che arriva a tre anni dal quasi completamente deludente "Meds", è una boccata d'aria fresca per la band britannica. Novità è quindi la parola d'ordine, sia nella line-up (a sostituire il batterista Steve Hewitt arriva il giovane - 22 anni - californiano Steve Forrest, ex Evaline) che al banco di produzione, ove siede stavolta Dave Bottrill (apprezzato dai Placebo per il suo lavoro con i Tool, ma pure in passato al fianco di dEUS, Muse, Silverchair, King Crimson e tanti altri). Nuova anche l'etichetta (PIAS).

Voci precedenti l'uscita dell'album parlavano di un ritorno alle sonorità dell'acclamato "Without You I'm Nothing", voci rinforzate dalla scelta di anticipare l'album con un singolo bello serrato e diretto come "For What It's Worth". Le anticipazioni si sono rivelate in parte azzeccate: è vero che il sound dei "nuovi" Placebo si allontana con decisione da certe tonalità soft e sbiadite del lavoro precedente (non ci sono pezzi alla "In The Cold Light Of Morning", per intenderci), ma, a differenza del secondo album del trio britannico, qua c'è un senso di coesione e compattezza che mancava da tanto in un album della "squadra-Molko". Al contempo, però, mancano i singoloni che fecero la fortuna di quel disco ("Pure Morning", "You Don't Care About Us" ed "Every You Every Me" su tutte), ma questo non è necessariamente un male, anzi.

Il nuovo lavoro è aperto da "Kitty Litter", pezzo, a detta di Molko, rimasto nel limbo per oltre un decennio: è forse l'apertura più pesante mai sfoggiata dai Placebo, la chitarra romba che è un piacere ed il nuovo batterista sfodera una bella ritmica dall'incedere pesante e macchinoso. "Ashtray Heart" è forse il pezzo più commerciale e "alla Molko" dell'album, i coretti in spagnolo ne aumentano solo la ruffianeria, ma nel complesso è sicuramente apprezzabile. Segue la titletrack, un rock bello fiammante e corposo, tra i migliori episodi dell'intero disco.

Tutto il lavoro oscilla tra pezzi belli tirati e ricchi di melodie finalmente ispirate, tra le quali spiccano sicuramente "The Never-Ending Why" (potenziale nuovo classico della band) ed una ritmata "Breathe Underwater". Pochi i momenti riflessivi, che si riducono ad "Happy You're Gone" (che comunque, dopo un inizio sommesso, prende un pò di vigore) e "Come Undone". Da segnalare la bellissima chiusura "Kings Of Medicine", apprezzabile momento di semplice pop rock cristallino.

Un bel riscatto questo, per mister Molko e compagni. Certo, i Placebo ancora non osano come potrebbero (e dovrebbero), ma almeno sono rientrati in carreggiata.

Bentornati, ragazzi.

Tracce chiave: "Kitty Litter", "Battle For The Sun", "The Never-Ending Why", "Kings Of Medicine"

Carico i commenti...  con calma