Orrore, com'è possibile che l'arkivio di Debaser sia sprovvisto di una recensione dell'album minimal-acid definitivo? Omega Kid accorre al savataggio. Anno 1993, c'è uno smanettone in più in giro, ma Richie Hawtin era diverso, tirava una ideale linea tra Windsor, Chicago e Detroit, assimilando la grande scuola techno degli albori, ma il risultato era solo e soltanto suo. Sheet One arrivava per prendere tutta la comunità acid per la collottola per portarla in un mondo sotterraneo, dove regna il buio pesto e la luce in fondo al tunnel è una strobo. Benvenuti nel progetto sperimentale Plastikman, la musica che balli nel tuo cervello quando la serata è finita, la pista si svuota, l'orologio segna ore minuscole e le sostanze psicotrope ti portano verso derive inimmaginabili. Capitanato dalla storica mascotte deformata e vagamente aliena, l'album aveva la potenza di un editto scritto con la TB-303. Un viaggio denso di significati, ma non una passeggiata di salute.
Drp cala subito l'ascoltatore in un oceano di synth e droni per una breve parentesi ambient che possiamo definire come la più grande presa di fondelli della storia dell musica elettronica, la melodia e la delicatezza risultano completamente fuorvianti rispetto a quello che ci aspetta nei successivi 60 minuti (circa): minimalismo all'esasperazione, suoni essenziali e tirati a lucido, alienazione estrema. L'aereo decolla e ci ritroviamo in Plasticity, capolavoro assoluto e pezzo migliore di un album che si apre subito al suo meglio. Percussioni tribali interminabili e ipnotiche giocano con la mitica acid line 303 in variazione continua e sample vocali distorti, bambini? Alieni ridacchianti? Quello che ci interessa è l'effetto sinistro, aiutato da brevi ma molto mirati synth spettarali. Si tratta di un viaggio che non vorresti percorrere da solo. Ma non c'è una manina da stringere e non resta che proseguire. Le cose si complicano ovviamente con Gak, il boschetto di Plastikman, costruito di synth e sample indefinibili. In questo brano è forte l'influenza della scuola di Chicago, ma anche la volontà di creare qualcosa di paragonabile alla prog degli anni settanta. Al solito quello che ne viene fuori è una cosa di Hawtin, e solo sua. Okx è un piccolo inserto vocale di Richie che tenta di farci pensare che quanto ascoltato non è un monolite sonoro inviato dalle macchine del futuro, ma è difficile credergli. Helikopter (rigorosamente con la kappa!) è sostanzialmente l'antenato di Spastik: chi ha amato il brano si sentirà a casa, si tratta di una interminabile variazione ritmica, filtraggi e smanettamenti curiosi, l'effetto è appunto simile a un elicottero. Non tra gli highlights del disco, ma comunque non sottovalutatelo.
Glob scalcia con una bassline quasi funky, peccato che sia sempre la 303 tirata a bassisisme frequenze, pregate che il vostro soundsystem sia all'altezza. Forse è il brano più "house" dell'opera, piuttosto articolata la struttura di snare e hi-hats vari, ma poco più di un passatempo per la seconda bomba del disco, Plasticine, gemella ideale di Plasticity, essendo sostanzialmente molto simile. La 303 è sfruttata con grande astuzia, proponendo l'immancabile acid line, ma impreziosita da un secondo canale sfruttato come basso-tappeto che crea moltissima atmosfera. Personalmentete trovo più affascinante Plasticity, ma queste due sono senza ombra di dubbio le regine indiscusse di Sheet One, sono brani che hanno fatto la storia e influenzato un intero genere. Koma è l'unica parentesi veramente rilassante del disco, in questo caso la 303 è interpretata in un modo completamente diverso, risultando delicata, quasi sognatrice, Hawtin aiuta l'effetto generale vagamente idilliaco - in contrasto col titolo - aggiungendo vari sample sonori che ci allontanano momentaneamente dalla freddezza alienante delle macchine. Ma è, appunto, una parentesi. Smak ci attende al capolinea di un viaggio che non finirà bene: percussioni prima appena accennate e secondarie si trasformano in beat distorto da hardcore, la 303 taglia e fa sanguinare, i synth spettrali avvolgono l'ascoltatore, l'angoscia cresce. Questo brano conclusivo ha sempre stimolato la fantasia di chi ama interpretare il concept di Sheet One, ammesso ne abbia uno. Lo stesso Hawtin in un'intervista lasciò qualche indizio, considerando il pezzo come un bilancio finale per l'ascoltatore, in modo da rendersi conto di dove è arrivato e quale sarà la sua prossima meta. Un campionamento vocale da The Outer Limits chiude definitivamente il disco "Ci sono poteri nell'universo oltre la tua conoscenza, devi imparare ancora molto, esplorare... torna a casa e rifletti sui misteri dell'universo, io adesso ti lascerò in pace".
Richie Hawtin riuscirà a superarsi con il successivo Musik, ma Sheet One rimane uno dei debutti più fulminanti della storia della musica elettronica, un disco seminale che ogni appasionato dovrebbe almeno ascoltare una volta nella vita. Augh.
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