Scoperto anni orsono con l'EP "Sweet Nothings", un disco strumentale dalle tinte progressive con rimandi ad Opeth, Guthrie Govan e tutto il mondo del chitarrismo contemporaneo in toto, Plini arriva nel 2016 con la sua "prima" prova dopo aver sedimentato la propria fama attraverso la rete e una serie di singoli (e raccolte) veramente ben riusciti, oltre all'EP sopracitato, proponendo un disco di progressive Rock/Metal cangiante e ben strutturato, avvalendosi della collaborazione di grandissimi musicisti di fama internazionale, come Troy Wright alla batteria, che solidificano una base Prog dall'incedere mai banale dal punto di vista ritmico e melodico/armonico.
Sperimentando ritmi peculiari (l'intro dell'opener "Electric Sunrise" è tutto in 13), armonie "maggioreggianti" qua e là molto inusuali che ricordano che ne so, uno Steve Vai dei tempi migliori, e una lead guitar in balia di slide, arpeggi fugaci, tapping e un vibrato "importante", Plini riesce dove molti suoi contemporanei hanno fallito ossia proporci canzoni di ottima fattura e non solo i soliti esercizi di stile dove la tecnica funambolica rimane fine a sè stessa, utilizzando sapientemente anche rimandi al Djent senza eccedere nel solito manierismo monocorda della peggior specie, lasciando spazio ad intermezzi Ambient minimali ma efficaci e un sottofondo di tastiere davvero gustoso.
Uniamo il tutto ad echi di Jazz/Fusion nel fraseggio in legato zoppicante, e una sezione ritmica impressionante nel suo mescolare tutto questo ben di Dio, ci ritroviamo davanti ad un disco veramente ben riuscito, che esprime sopratutto una solarità e oserei dire anche una gioia che traspare immediatamente all'ascolto.
Una su tutte, la traccia finale "Cascade" rappresenta il perfetto equilibrio tra "nutrimento e gusto", per citare una famosa pubblicità, un pezzo secondo me che spicca per bilanciamento di tutti questi elementi finora descritti.
Bellissima anche la copertina, surreale, fumettistica e immaginifica come la musica contenuta in questo disco.
Plini si saprà ripetere alla grande con i successivi lavori, un dettaglio non da poco, e che ci consegna un artista, più che un chitarrista, all'altezza della propria fama e che può continuare a stupirci nel tempo.
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