Eccomi di fronte ad una difficile recensione da fare; i P.O.D. sono forse la band Nu Metal cristiana che ha fatto più successo, avendo questi saputo sfruttare il momento buono del Nu Metal per quanto riguarda l'onda commerciale e mettendosi in carreggiata con un paio di canzoni azzeccate e un bell'album: Satellite.
Che la band sia sempre stata molto anonima rispetto a tanti altri compagni che suonano lo stesso genere questo è chiaro. I P.O.D. non hanno assolutamente dato niente di nuovo al Nu Metal, ne tanto meno alla musica cristiana; la loro musica è alquanto banale, anche se spesso l'interessante connubio tra metal e rap che ha dominato la scena della fine degli anni 90 con Rage Against The Machine, Limp Bizkit, Korn, ecc. li ha aiutati.
Questo ultimo album è una conferma di quello che sono, una band non priva di spunti ma chiusa in un recinto, da cui sembra non riuscire a scappare. Il disco si apre con Roots in Stereo, una canzone in cui il rap si mischia a delle sonorità quasi reggae, supportate con qualità dai classici riff di chitarra che accompagnano l'80% della produzione di questo genere. Lights Out, un pezzo con un retrogusto molto Limp Bizkit, è il classico pezzo P.O.D., forse un po' troppo noioso nonostante la durata limitata a meno di tre minuti. If You Could See Me Now, è invece una canzone elusiva, con qualche sfumatura post-grunge, nonostante le sonorità siano mantenute invariate.
Il quarto pezzo, Goodbye For Now, inizia con un arpeggio non molto originale che mi sembra preso a piene mani da 'Toxicity' dei System Of A Down, coniugandolo con un ottimo rap di cui ormai i P.O.D. ci nutrono ad ogni lavoro. Nel canone dei testi impegnati stile Rage Against The Machine troviamo Sounds Like War, un pezzo piuttosto cattivo che non propone nulla di nuovo rispetto alle canzoni dei precedenti album nonostante qualche giretto di pianoforte semplice ma efficace.
On the Grind, sfoggia un ottimo rap, ma sembra l'unico elemento interessante della canzone, che infatti cade subito nel banale, sembrano una delle classiche canzoni hip-hop commerciali che fanno tanto successo (per capirci, Mattafix, Eminem, ecc.). This Time, canzone che inizia con un arpeggio tanto semplice quanto piacevole, è un pezzo molto orecchiabile e basilare, negli schemi classici del gruppo, come quasi ogni canzone. Mistakes & Glories, con un ritornello cattivo in antitesi con delle strofe molto calme in cui le classiche due voci rap si sovrappongono a dovere, è sufficiente. Let You Down, una canzone alquanto soffice risulta fin da subito scontatissima, e non presenta niente di caratterizzante lungo tutta la durata. Una canzone dal titolo ambiguo, Teachers, è in effetti la più ambigua dell'album. Troppo simile a canzoni che abbiamo già sentito mille volte sia ascoltando i P.O.D. che tanti altri gruppi. Il voto è relativo, originalità zero.
Strength of My Life, un altro pezzo dove il rap finisce in reggae, molto melodica finisce per essere una versione più moderna di "No Woman No Cry" di Bob Marley senza nulla di interessante. La penultima canzone, Say Hello, ancora una volta ripetitiva e troppo identica alle precedenti introduce un ritmo più sostenuto, però perde tranquillamente vigore all'orecchio degli ascoltatori più fini. La canzone conclusiva, Mark My Words, è l'ennesimo pezzo identico, banale e scontato del gruppo, che può essere tranquillamente scambiata per tutte le altre.
Infine è un album troppo ambiguo e privo di personalità, ma del resto che i P.O.D. fossero soltanto uno dei tanti gruppi Nu Metal che hanno sfruttato la popolarità del genere per farsi conoscere già lo sapevamo. Non metto in dubbio la loro bravura musicale, ma la loro genialità compositiva, probabilmente espressasi solo con il primo album e poi fotocopiata perchè risultata efficace. Questo album è solo la ripetizione di quello che i P.O.D. in realtà sono, dei musicisti chiusi in sè stessi, che sanno fare solo quello che hanno già fatto, senza cambiare di una virgola.
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