I Simpson sono sempre fonte di grande ispirazione per il sottoscritto...
Ultimamente ho piacevolmente scoperto che il gruppo preferito da Otto (l'autista metallaro del pulmino della scuola) sono gli ormai dimenticati Poison, chiamati a suonare al suo matrimonio e causa della tragica fine del matrimonio stesso con lo sposo che scappava sul pulmino, allestito a festa, assieme al suo amato gruppo mentre scorrevano le note di "Nothin' But A good Time".
Beh... Quella puntata fu un'illuminazione.

Perché non condividere con i DeUtenti il ricordo dei mitici Poison?
Perché non rompere le palle ai DeUtenti con la recensione di "Open Up And Say... Ahh!" (che tra l'altro mancava dal DeArchivio)???
Perché non far storcere il naso a tutti quelli che "se un album non lo capisci solo al trecentoquarantesimo ascolto, non è bella musica"?????
Perché, vi chiederete voi (anche se i più mi avranno già mandato a cagher e avranno già cambiato recensione)?

Beh... Semplicemente perché a me i Poison piacevano, e pure parecchio. Con sadico piacere e con il ghigno sotto i baffi mi sono quindi indaffarato a cercare la mia vecchia e impolverata cassetta ed eccomi qua.

Bene... i Poison appartengono a quella corrente di successo degli anni ottanta chiamata Glam Metal-Rock (ma anche Glam Hard Rock, Pop Metal, Party Metal e "Facciamo gli sporcaccioni con le nostre ragazze ubriache Metal"), e più precisamente alla seconda ondata (1986-90) del Glam Metal, quella più melodica e "di massa" che si distingueva dalla prima, più aggressiva e "horrorifera" (Twisted Sister, W. A. S. P. etc...), per le atmosfere romantiche e spesso strappalacrime e per l'attitudine divertente e divertita della maggior parte dei brani.
Insomma... musica per far festa (e per piacere alle sbarbine)!

Allora... i Poison si possono senz'ombra di dubbio considerare gli esponenti più in voga del Glam di quegl'anni. Capigliature da far invidia a Platinette e trucco da museo delle cere si accompagnavano a pantaloni talmente attillati da compromettere la fertilità di chiunque. Questi erano i Poison. Tanto eccessivi e ridicoli esteticamente quanto ruffiani e semplici musicalmente.

Nati nel 1983 a Harrisburg (Pennsylvania) capirono subito che per la soddisfazione sessuale e il successo commerciale, la terra promessa in quegl'anni era la California. Presi armi e bagagli partirono per la terra "del sol" e, memori degli insegnamenti dei vari Kiss, David Bowie, Motley Crue, AC/DC, Aerosmith, Led Zeppelin, Alice Cooper, Van Halen etc... (insomma, praticamente di tutti), iniziarono a comporre e suonare. Se si può dire una cosa del Glam Metal degli anni ottanta è che vendeva come e più del pane. Gruppi come i sopraccitati Motley Crue assieme ai vari Cinderella, Bon Jovi e chi più ne ha più ne metta, avevano un appeal sui giovani (soprattutto i nipotini dello zio Sam) da influenzare tutto il mercato americano della musica. Vuoi per il fascino del proibito e dell'eccesso tipicamente ottantiano, vuoi per una ricerca continua e ossessiva del miglior abbinamento tra Sesso (molto), Droga (e sesso) e Rock'n'Roll (e sesso), le case discografiche si godevano i lauti profitti che i giovani (e soprattutto Le giovani) riversavano nelle loro casse, ignorando volutamente chi cercava di fare musica un po' più "impegnata" (anche in ambito Metal, vedi Thrash, Death Etc...).

I Poison in quel periodo non fecero altro che fare "il disco giusto al momento giusto". Sfacciato e patinato, eccessivo e iper-melodico, divertente e festaiolo con quel tocco di "romanticismo" educato che faceva versare la consueta lacrimuccia alla giovane ed eccitata fan ("Every Rose Has Its Thorn"). Dopo essersi fatti conoscere con il precedente rockeggiante "Look What The Cat Dragged In" (1986), esplosero definitivamente nel cuore dei teenager americani (e non solo) con questo "Open Up And Say... Ahh!" riconosciuto all'unanimità come il loro miglior lavoro.

Accomunati agli altri gruppi del filone per la manifesta spensieratezza, la leggera allegria musicale e l'esagerata estremizzazione estetica, si differenziavano dagli altri Glamster (neologismo?) per 2 fondamentali aspetti:

1) Furono uno dei pochissimi gruppi a non prendersi troppo sul serio e ad adottare uno scimmiottamento esplicito nei confronti degli stilemi imposti dal genere (capigliature, costumi etc...), come si poteva notare dagli spassosissimi video (a differenza per esempio dei Motley Crue e di Bon Jovi che credevano sul serio di essere gli Dei simbolo della musica universale e unici portatori del "Verbo sonoro").

2) Musicalmente furono molto più elaborati e "derivati" rispetto agli altri, riuscendo a creare canzoni dove l'elaborato non era sinonimo di varietà ma di dinamismo sonoro mai stantio o immobile su certi aspetti, anzi, spontaneamente "multicolore" o "multiforma" mantenendo sempre e comunque un'immediatezza e un'accessibilità da far invidia a molto Pop di quegl'anni.

Non a caso ho usato l'aggettivo "derivati"... Personalmente considero i Poison come un gruppo che, ancorandosi ai propri gusti e idoli musicali, riusciva a proporre pezzi volutamente citazionali che camminavano in bilico tra l'originale rielaborazione delle numerose influenze (al limite del Crossover, ma forse mi drogo troppo) e la furba scopiazzatura. Questo non toglie comunque che pezzi come le "festaiole" "Love On The Rocks", "Nothin' But A Good Time" e "Back To The Rocking Horse" (vere Party Rock songs dal vago sapore AC/Dciano) non riescano ad essere trascinanti e coinvolgenti al punto giusto. Da citare anche la Aerosmithiana "Good Love" con il suo ritmo scherzoso e brillante; le quadrate e "pesanti" "Tearin' Down The Walls" e "Bad To Be Good" impreziosite dalla tesissima voce di Bret Michaels (vero sex symbol dell'epoca); la viziosa e maniacale "Look But You Can't Touch" (il titolo dice tutto); la bellissima "Fallen Angel" (tipica espressione di Rock patinato) e la tanto famosa quanto sdolcinata "Every Rose Has Its Thorn". C'è spazio anche per una cover del duo Loggins/Messina ("Your Mama Don't Dance", 1972) che sottolinea come i Poison furono influenzati, e a tratti si sente, dal Rock'n'Roll anni 60 (cosa rara in quegl'anni).

Un plauso particolare va a C.C. Deville, chitarrista che, seppur non in possesso di una virtuosa abilità musicale, riusciva a donare a tutti i pezzi e a tutti gli assoli un feeling e un mordente davvero incisivi.

Dopo questo lavoro il gruppo non riuscì più a mantenere una formazione stabile (C.C. Deville abbandonò) e gli stimoli giusti... Con il successivo "Flesh and Blood" cercarono di indurire il suono per adattarsi al nuovo modello dominante proveniente da Seattle ma i risultati furono scarsi e quell'equilibrio melodico e di immagine che rese grande quest'album si spezzò per sempre, mentre il Grunge divorava tutto quello che trovava nel suo cammino.

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