Alla fine Polly ha attaccato la spina.
Dopo l'ottimo debutto di "Scissors In My Pocket", ed un live acustico prescindibilissimo, la songwriter inglese cambia registro.
Non più chitarre acustiche, contrabbasso e spazzole, ma chitarra elettrica ben presente ed un'attitudine rock che, se non spiazza, perlomeno sorprende. Ci troviamo davanti ad un disco senza dubbio più ruvido rispetto al primo, e non solo nelle sonorità. La plettrata dura sull'elettrica all'inizio di "Godgrudge", prima traccia del disco, ce ne da la misura esatta.
E tutto va avanti così, non cedendo il campo ad una esagerata asprezza però, poiché tutto viene comunque ricondotto ad una forma sostanzialmente pop, orecchiabile e godibilissima. Dicevamo asprezza, sì, e non solo nei suoni. Il filo tematico dell'opera sembra svolgersi attorno a motivi come quelli della perdita, dell'impotenza ("Day One"), della perdita di riferimenti ("Where I'm Coming From"), lasciando però spazio, in più di un episodio, ad occasioni di riscatto ("Back To The Start","Ready Or Not"). Tuttavia la Polly Paulusma dell'album precedente riemerge di soppiatto una volta superata la metà dell'ascolto nella title track, una ninna nanna per chitarra e voce, e in "Matilda", formula affatto inedita con il piano e la voce che giocano in una narrazione piuttosto surreale.
In definitiva "Fingers & Thumbs" è uno di quegli album che si presentano all'ascoltatore come una piacevole novità, un cambio di rotta, e che allo stesso tempo potrebbe far tremare i suoi estimatori più stretti facendoli sussultare su una domanda: "...e alla prossima?"
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