Com’è quest’album dei Pooh?

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È, forse, il migliore della produzione!?

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Difficile scrivere una recensione su un disco che ha stuzzicato molto il tuo appetito musicale.

Il motivo? Sicuramente che, essendo la musica soggettiva, come qualsivoglia altra situazione, risulterebbe arduo esprimere un parere…oppure… fornire un giudizio da condividere.

Cominciamo così: codesto lavoro, buona fortuna dei Pooh, subisce un editing minuzioso; già il fatto che è passato alla rassegna tecnica di Brian Humphries, fonico dei Pink Floyd, ce la dice lunga sull’opera in questione.

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L’album che viene registrato ai recodring Idea Milano, fra l’inverno 1981 e l’estate dello stesso anno - ed uscente a giugno, risulta essere il lavoro del complesso più venduto. Posizionandosi, in tal modo, in testa alle classifiche; pensate bene… nove settimane di seguito.

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Si potrebbe pensare che i Pooh fossero stati una macchina producente pop da sfornare alle lobby discografiche, e invece... No!

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Di certo non è così che stanno le cose, perché l’album è uno spettacolo. Credetemi.

Uno spettacolo di giubilo. Gioioso, e magico.

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Un autentico caleidoscopio colorato.

Un prisma.

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Non pensate di sentire, piuttosto - di udire (come se le canzoni fossero miele e voi foste api) - canzonette; tanto per citare Bennato… Non è così. Assolutamente.

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Il successo deriva, in questo caso, dalla perizia. Siamo a livelli altissimi.

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La qualità è altissima. Anche il suono.

E, parlando di difetti (perché dobbiamo includerli a forza se facciamo una critica), la rimasterizzazione pecca proprio in ciò: gli alti- che lo sono davvero.

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Apre le danze proprio Buona fortuna; brano dove i Pooh canteranno a turno su richiesta esplicita di Stefano. Immediatamente si noterà di quale stampo, e pasta, sarà costituito il disco: tastiere e synt; polymoog, mellotron 400, piano a coda… chi più ne ha ne metta… Fender, Gibson Les Paul Junior, Fender Telecaster… E via.

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Questi alcuni degli strumenti impiegati per la realizzazione del progetto.

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La bellezza risiede proprio nella purezza del comparto audio.

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Relativa, altresì, può essere la piacevolezza delle canzoni in attinenza alla stesura del testo: dove (nel testo), possiamo decifrare un Negrini sognante e, capace - anche - (grazie a questa sua immaginazione fervida) - di tinteggiare scenari urbani reali - intrecciando, per tal motivo, una specie di frastuono interiore (il quale è causato dalle avventure del protagonista), alla propria anima. E, a gridare codesto ossimoro spiegato: saranno proprio le voci dei quattro Pooh- scalpitanti l’autoctono pop rock; e, nell’autobiografica, ma vivace, Banda nel Vento- la magia proseguirà.

Costringendo l’ascoltatore nuovamente al sublime ed autentico.

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Quest’ultimo (connubio) continuerà con Lascia che sia: brano più semplice ma, per questo, non meno bello… anzi.

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A spadroneggiare, come sempre, saranno le chitarre acustiche ed elettriche di Dodi; il Gibson Fretless di Red - potentissimo - è, spronato, (da un’alternanza corale di voci), - fra Battaglia e Facchinetti -, il ritmo sarà magicamente scandito da Stefano: anch’egli sognante. Ora più che mai.

Finale spettacolare con assolo acustico. Testo di Stefano. Musiche di Roby.

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Andiamo avanti. Ci siamo quasi, alla fine della facciata A di questo spettacolare 33. Con Compleanno di maggio. Qui anche poco da dire: fraseggi acustici ed elettrici, voci alternanti fra Battaglia e Facchinetti, batteria e basso si fanno sentire (un po’ di meno), ma, creando, anche in questo caso, connubio perfetto e quasi rilassante. Rilassante. Si.

Perché, in Gente della sera, brano decisamente grintoso, i 4 orsetti daranno il meglio: è proprio quest’ultimo pezzo a chiudere la facciata. Gente della Sera.

Che brano aggressivo. E con un piano forte a coda molto facchinettoso, il quale, aprirà le danze sotto la voce di Battaglia. Continuerà Roby; sino a quando, i Pooh, tireranno fuori dalla tasca un ritornello somigliante ad un pezzo dei Queen. Avete letto bene. Ho detto Queen. Sto parlando dell’album A Night a the Opera ed il pezzo è: “I'm in Love with My Car”!

Non scherzo. E, nel caso pensaste opposto, allora mettete buona fortuna e andate alla track n.5 alzate questo volume… e constatate voi stessi.

Se mi chiedeste, invece, di spiegarvi cosa sia per me il pop rock: vi risponderei così- ascoltate; con buone cuffie. Buono stereo. E buon subwoofer. Indi ne riparleremo.

W il pop rock.

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Facciata B.

Fuori stagione… che, non so per quale motivo, ma ricorda fortemente la sorella gemella - nell’album precedente ovvero, Stop. E la canzone è Stagione di vento. Forse sarà per le analogie nel testo; ed anche per quelle musicalmente intese. Altresì, fuori stagione, è più rock… rispetto al brano di Stop.

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Alzate questo volume! Fatelo per me!

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Allora… capito il senso del discorso?

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Andiamo avanti!

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In… Dove sto domani, ballata lenta e rilassante, il testo conduce l’ascolto all’introspezione. Questo mi sento di dire in merito a questa canzone. Il ritornello è iconico; l’andamento piuttosto lento: sempre Battaglia ad aprire con Facchinetti continuante. Pianoforte e percussioni accompagnano il tutto. Assolo di basso con un intraprendente ed energico Canzian.

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Adesso scoppia il disco. Dirompe. Si accende. Prende fuoco. Si colora. È il turno di Replay. Forse il brano più bello del repertorio. La musica con la voce di Red Canzian ed il testo di Valerio Negrini. Non ho mai ascoltato niente del genere. Sono estasiato e, al contempo, persino lusingato: tutto mi sarei aspettato dai Pooh, ma non questa capacità espressiva. Qui siamo a livelli magistrali. Una forte tendenza al pop prog; un art pop fastoso, complesso, qualitativo. Un pop che tende all’AOR. Infatti, se pensassimo alla carriera di questo complesso, saremmo in grado di trarre una chiusa. Questa: i Pooh, nel loro percorso, hanno sempre direzionato la produzione verso l’orecchiabile, verso la leggera e via. Rimanendo con la consapevolezza che, fare buona musica, significasse farla di qualità. Perciò: ecco disvelata questa loro tendenza al pop di classe. Sicuramente pop, ma, certamente, con un ancoraggio saldo alla propria base… la qualità. Quella tendenza a produrre pop; ma con le qualità del rock meglio dire: AOR.

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I Pooh non fanno Metal. Non fanno Jazz. Non fanno Rock. Non fanno Prog.

I Pooh hanno fatto la Musica.

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Qualche parola su Replay voglio spenderla: tastiere spaziali (letteralmente), acustica divina, ritornello accattivante e… cosa più preziosa… Battaglia. Signori miei.

Dodi Battaglia.

Ragazzi… suona come se fosse il chitarrista dei Moot the Hoople… e, ad un certo punto, non avrei saputo dire con certezza se stessi ascoltando Replay oppure, “All the Young Dudes”. Brano della band sopra citata e scritto da David Bowie. Non so se. Ma, se per caso non aveste voglia di fidarvi: allora v’invito ad inserire buona fortuna nel vostro lettore oppure, v’invito ad ascoltarlo comunque. In un qualche modo.

Versione digitale… YouTube… Spotify… eccetera. Fatelo. Fatelo per me. E non ve ne pentirete. Basta sia con lo stereo.

Altrimenti niente. Quello che voglio dirvi e, vorrei voi capiste, non lo capirete.

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Fotografie.

Testo di Valerio, musica di Dodi; cantano: Dodi e Roby.

Un ritornello conciliante, un’acustica deliziosa ed un passo piuttosto celere contornano questo penultimo brano.

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Per chiudere questa recensione vorrei proporvi un’ultima riflessione.

Semplice, ma significativa. Essenziale, non scontata ed affatto banale.

Eccola: maggiore sarà la base, più sarà intenso codesto contrasto- fra musica prodotta e riprodotta; perché, saperla riprodurre, tempo addietro, era semantema di estro.

I complessi, infatti, nascevano con la voglia di incidere. Poi di portare al vivo le opere.

Va assolutamente bene criticare i Pooh e pensare: “sono spazzatura”, se, pensare a questa spazzatura, fa anche pensare al pop. Allora... poniamoci questa domanda: pop... è, sinonimo di spazzatura- In relazione a questa mia chiusa?

Se le cose stanno in tal modo, allora i Pooh saranno da gettare. Ma, se il pop esistesse, e, se, una volta - tempo addietro -, veniva prodotto, e poi riprodotto... allora non sarei d’accordo con voi.

Album prog... sinfonici... accompagnati da musica vera - ed uscente da strumenti veri, ossia: l’orecchiabile approssimatosi al rock. Meglio dire: il pop rock.

Le cose stanno così: l’aria diventa elettrica, la musica esce dagli strumenti, e un uomo non si addomestica...

Allora, amici miei, Chi fermerà la musica?

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