Il silenzio è rotto dal battito di una mano su una tastiera, eppure non ho ancora cominciato a scrivere. Paradossale, incredibile cominciare la propria prima recensione in questo modo. La tastiera scrive già ed io non ho ancora iniziato. A ben vedere, però, non comincerò mai davvero.
"Fear of a Blank Planet". Non comincerò a scrivere, paralizzato anch'io davanti ad uno schermo, come il protagonista, questo ragazzino, questo Mark Renton in versione rock più cazzuto. Sì, sto parlando, in fin dei conti, del testo, questo testo che, per la prima volta, tento di analizzare ecco, come dire, solo per voi. Perchè non me ne frega tanto, sai.
Musica. Fin dalla prima schitarrata di Steven, li riconosci, questi Albero Porcospino. "Sunlight", il primo vocabolo. La luce che non entra nella stanza, e allora che bisogna fare? Combattere la paura con un'interminabile scarica di riff che, insomma, sappiano adattarsi a tutto, ad ogni sbalzo di un umore assuefatto a chissachè. Leggera interruzione al minuto 6, solo per prendere la rincorsa, per prepararsi ad un'ulteriore scarica contro il nostro pianeta vuoto. Che inizio questo! Ci sta pure l'assoletto alla fine, l'effetto pedaliera, passaggi deliziosi di Harrison. Aggiungi pure un pizzico di soddisfazione, una sorta di orgasmo contenuto nel sentire l'occhialuto Wilson pronunciare:"X-Box!" con un fare tanto selvaggio. Beato lui, che non ha, davvero non ha paura di essere quello che è. Mentre il pianeta si riempie di merda e si svuotà di umanità. La solita solfa che mi si ripete quotidianamente in testa. Non posso farne a meno di continuare a non restare indifferente di fronte alla "generazione che simula" (-oide, la definisce la meraviglia bionda, protagonista di una delle crude meraviglie di Welsh). Forse non ho ragione a far così e, un giorno, a gonfiare questo me stesso tanto buono, incazzoso e sconsolato, non potrò far altro che ammirare le mie ceneri. Che mossa fantastica per annunciare il secondo brano, non trovate? "My ashes". Meraviglia, un inizio che, insomma, può bastare. Posso diventare cenere per spargermi in cielo, volare leggero e sentirlo vibrare ad ogni loro concerto. Un brano lento, dalla malinconia quasi struggente, ma, ecco che, proprio quando sembra che qualche lacrima debba riempire il vuoto ruvido delle guance radioattive, il ritornello risolve sugli accordi maggiori e il finale è confortante, carico di speranza. Forse non bisognerà per forza piangere per colmare il vuoto. Per ora è solo un sogno, e lo so anch'io, ma mi posso lasciar cullare quanto voglio. Mentre il brano accompagnava i chilometri d'autostrada, l'amico diceva:"Ecco, vedi, anche un lento così ci sta da Dio". Non so se detto proprio così, sta di fatto che era una chiara frecciatina all'ultimo tentativo di omologazione dei cugini deboli, gli Opeth. Colpire e sfondare... quale mercato? Quale? Ecco, di nuovo sconsolato e incazzoso, nel giro di un secondo, perchè in fondo un pensiero non impiega più tempo ad esserci. Re- Sol! (dai, sorridi.) Eh certo, come potrei non vibrare di piacere. Ora arriva la più grande delle meraviglie. Oddio, tutto il conforto degli ultimi minuti scema già dopo i primi 10 secondi, o saranno 30, saranno un'infinità, di ansia impareggiabile. "Anesthetize". Sono le loro migliori atmosfere. C'è tutto, davvero tutto, in questo brano. Attesa, un'attesa infinita e assurda, chissà per cosa, poi. Dura un sacco, ma lo sai che deve portare a qualcosa. E questo ostinato di batteria, ecco, lo sai che deve risolversi, ad un certo punto. E infatti succede, al minuto 2:37; l'atmosfera però non cambia, l'ostinato ritorna. Le scariche però s'incattiviscono ed ecco l'assolo che strapazza tutto ciò che si era sentito. Ed ora è più che una goduria, quest'attesa. Vorrei che non finisse mai. La tastiera, ma senti! Mega passaggio di Harrison ed ecco dove si giunge, al caro vecchio death da cui Akerfeldt si è sempre lasciato ispirare. Ora sembra quasi death-funky, ma al minuto 8 capisci che, insomma, ora hai solo da godere... era questo che attendevi? O erano i riff al minuto 9:30? Non importa, ora non capisci più. Sei più che anestetizzato, più di prima. Come in ogni buon brano di leggero progressive death, dopo molti ritornelli, si giunge ad una scarica violenta che, insomma, ce lo vedi Steve. Eh già. Tutto perfetto, chiusura da 10 e lode. E invece no. Spunta incredibilmente una seconda parte. Deliziosa. Conforta e delizia il palato dopo la precedente indigestione di emozioni contrastanti. Quasi una rock ballad, ma meno convenzionale. Anche lì si attende qualcosa... ed eccolo! Eccolo, l'accordo con ritardo non preparato, l'accordo del minuto 16:23, l'accordo che da vita ad un finale tremendamente, davvero troppo tremendamente pinkfloydiano. (quasi citazione dall'altro amico) Per non parlare dell'accordo di chiusura! Che poi di vera chiusura non si tratta, perchè un po' di ansia finale ce la devono piazzare, 'sti stronzi. Anche questo e molto altro, che ci crediate o no, è Anesthetize.
Il piano ci reintroduce a ciò di cui ci eravamo quasi dimenticati, le lacrime. E questa volta arrivano davvero. "Sentimental". "I wasted my life, I'm hurted inside". Sogno di una vita che non può più tornare. E chissà poi, di chi è la colpa. Un brano struggente, bei cori, tutto meraviglioso. Ma forse "Way out of here" è più convincente, più deciso, se non altro più deciso a svuotare il contenitore di questa rabbia talvolta opprimente. Fate voi, comunque. Il meglio è passato e ora c'è solo, o quasi, da risolvere le tematiche del concept. Il brano in sè è fantastico, solo che si sente non poco che ci si avvicina alla conclusione. "Sleep together", lungi dall'essere un capolavoro come altri, è comunque un epilogo bello, deciso, con questo ritmo che non tentenna e conclude il tutto in modo più che dignitoso. Perlomeno uno non si deve incazzare perchè è finito. Grande trovata. "Let's sleep together, right now", che sembra quasi la versione incazzosa del tema dei Beloved.
Boh, anche la mia conclusione è tutt'altro che un capolavoro, preferisco lasciare tutto nel dubbio, l'indefinito che è solo un prosieguo dell'inizio brilla di cui sopra e poi è lo svantaggio del non poter fare tutto subito. Ora sono paralizzato. Anch'io
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