Seconda uscita discografica del 2007 per i Porcupine Tree.

In effetti questo "Nil Recurring" è un mini album pubblicato a pochi mesi di distanza dall'ultimo bel lavoro intitolato "Fear of a Blank Planet" e si tratta infatti di ben 4 tracce registrate durante la stessa sessione; il disco è stato prodotto limitatamente a 5000 copie digipack ben presto esaurite e ordinabili solo tramite internet... a fronte della grande richiesta la band ha deciso di pubblicare altre copie che saranno reperibili durante i concerti del loro tour e nei primi mesi del 2008 l'EP sarà disponibile anche nei negozi per il grande pubblico.

Niente di nuovo (o quasi), quindi, per quando riguarda il sound che ricalca per l'appunto le sonorità del disco precedente, ormai a conferma che i Porcupine Tree sono entrati a piè pari nel magico mondo del progressive metal. Anche il "concept" sembra riprendere il precedente lavoro, non solo a livello tematico, ma anche musicale, presentando, con dovuta sorpresa, delle belle citazioni. I quattro brani di non breve durata, di cui il primo interamente strumentale, continuano e maturano ulteriormente l'idea musicale che i Porcupine Tree (o dovremmo dire il signor Steve Wilson) cercano di sviluppare da un paio di dischi a questa parte (vedi "Deadwing" e "Fear of a Blank Planet", ma ve ne sono tracce anche nel meraviglioso capolavoro "In Absentia"); un prog metal che si va indurendo con sonorità sempre più cupe senza perdere di vista l'idea di psichedelico che accompagna questa band fin dagli esordi. ... la mistura sonora è qualcosa che rinfresca questo genere ormai stantio... le atmosfere create ad arte con strumenti elettronici e tastiere si mischiano a chitarre distorte e variamente effettate che distillano riff di ritmica maestosa e spesso ossessivi ed ipnotici sempre supportati dalle mani (e piedi) esperti del batterista.

La parte ritmica di questi brani è quella che mi esalta maggiormente: ritmiche dispari, sincopate e controtempi generano vortici sonori trascinanti e reattivi in grado di esprimere la violenza e la rabbia di alcuni parti, in contrasto con la malinconia del resto. La voce di Wilson delicata e depressa contorna il tutto con buona melodia senza mai finire nell'eccesso e contribuisce a dipingere quelle atmosfere riverberate e dilatate che di volta in volta appaiono nei brani distogliendo l'attenzione dalla potenza ritmica. Wilson oltre ad essere un bravo interprete di tali atmosfere dimostra anche di saper padroneggiare diversi strumenti e si pone come colonna portante dell'intero lavoro... la capacità di saper tradurre in musica i temi talvolta drammatici conferma il talento di questo artista che continua ad evolvere negli anni, tanto da procurargli la simpatia di mostri sacri del prog.

Il primo brano (strumentale) vede la presenza di Robert Fripp. Il secondo brano comincia con un riff stupendo di chitarra acustica il quale ci proietta con un flash back al vecchio progressive rock tanto in voga sul finire degli anni 70. Ma l'ultimo brano è il mio preferito, forse perché sintesi originale di questa idea: il groove trascinante e le atmosfere psichedeliche e talvolta "trance" vanno avanti come un treno in un progressivo crescendo di suoni fino al cambio di ritmica azzeccato che lo trasforma in un ¾ cullante maestoso e drammatico.

Dobbiamo dire allora che l'obbiettivo del signor Wilson e dei Porcupine Tree è stato preso in pieno: il sound freddo, psichedelico, e talvolta tecnico e violento traducono magistralmente in note una visione decadente e tetra della realtà dei giorni nostri, quasi a gettare un ombra di fatalismo sulla nostra società assopita e priva di valori che sembra essersi dimenticata delle cose più importanti: i sentimenti!

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