Dopo un’attesa durata quattro anni, l’album è uscito nel 2001, i Prefab Sprout sono tornati.
Le novità sono essenzialmente due: il gruppo si è in pratica dimezzato, è rimasto insieme al “capobanda” Paddy il solo fratello bassista Martin, e Paddy McAloon si è trasformato in un cowboy disarmato e disarmante.
Sinceramente, quanti altri avrebbero potuto, senza suscitare una certa ilarità, vestire i panni di uno sceriffo di frontiera, attingere all’estetica e all’epopea del western e titolare l’album "Il pistolero ed altre storie" ? Lui, forte di una credibilità che ha pochi eguali nel mondo sempre più plastificato del pop, lo ha fatto, e i risultati dell’operazione soddisfano e rattristano allo stesso tempo.
Soddisfano per la consueta qualità delle composizioni.
Paddy, come altri grandi artisti, cerca di migliorare, perfezionando e rielaborando, quella che, agli occhi dei più, potrà apparire sostanzialmente la stessa opera. Con la sua totale ed anacronistica dedizione alla causa, la realizzazione di una personale idea del pop, fedele ai suoi apparentemente ingenui principi estetici, è riuscito, ancora una volta, a confezionare una manciata di canzoni senza tempo, capolavori minori, sicuramente non all’altezza dei suoi migliori, ma che renderanno lo stesso felici i suoi fans.
Senz’altro positivo il contributo di un produttore di fama come Tony Visconti, già deus ex machina, tra gli altri, di alcuni lavori del “Duca bianco”.
Tra i dieci brani che compongono l’album, vanno citati almeno la bucolica “Cowboy dream” (sarà solo una coincidenza la presenza del banjo così come nel singolo dei Travis “Sing” ?); l’amara e sofferta “Trouble man” (“please, forgive me, if you can / girl, you know that I’m trouble man); l’emozione prolungata, nello splendore del cinemascope, di “Gunman”.
Rattristano perché il presentimento che il suo, (il nostro…) sia uno di quei “duelli” persi in partenza: le luccicanti e inoffensive pistole dello sceriffo McAloon temo che stavolta non riusciranno a cogliere il bersaglio né tra il grande pubblico, per il quale potrebbe risultare troppo sofisticato, né tra alcuni vecchi fans che forse potrebbero giudicarlo ripetitivo.
Certo, vedere McAloon in copertina con una barba incanutita, un po’ imbolsito come un protagonista di un western crepuscolare, mi ha fatto un certo effetto. E’ stato, per certi aspetti, come guardarsi allo specchio, come rendersi conto all’improvviso degli anni trascorsi (il capolavoro “Steve McQueen” è dell’85!). Eh sì, avere uno spirito giovane, come quello di Paddy, purtroppo non ti mette al riparo dai segni inesorabili del tempo, soprattutto quando si devono sostenere, allo stesso tempo, le mirabolanti imprese di Don Chisciotte e i compiti tanto prosaici quanto indispensabili di Sancho Panza ( “Lord, you know that I’m trouble man”).
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