MI sembra che, con 'Jet Lag', su DeBaser. siano stati recensiti tutti i lavori della Premiata Forneria Marconi. Mi prendo carico di 'Jet Lag' a prescindere dal fatto che è il tassello mancante della discografia con le stimmate DeBaseriane. ; questo disco lo conosco molto bene… Praticamente da ragazzo lo ho consumato e aggiungo che devo anche a esso se sono ancora un batterista.

Che dire dopo tanti anni passati e la gioventu' alle spalle? Cosa mi ha dato 'Jet Lag' e, soprattutto, cosa ha smesso di darmi?

Abbiate pazienza: un piccolissimo flashback personale. Durante le mie estati in Puglia, un'emittente privata di quelle dei primissimi 80, durante la trasmissione del palinsesto dei programmi metteva in sottofondo "Stand up" dei Jethro Tull e, appunto, "Jet lag". Con un mangianastri dotato di microfono avevo registrato la fonte audio e ascoltavo e riascoltavo i due dischi…

Oggi: 'Jet Lag'; nel 1977 (anno cruciale per l'Italia) la PFM conclude l'esperienza americana assorbendo in tempo reale la lezione della primitiva fusion. Weather Report, Mahavisnu Orchestra, Return To Forever erano i nomi di punta. La band milanese deve aver visto bene di assimilare il nascente campo musicale che sicuramente la attraeva per via del crossover jazz/rock/funk, dove, ad uno sguardo un po' distratto, la tecnica era "intelligenza" e "ispirazione" (per me Zawinul è principalmente un poeta). Da valenti strumentisti l'occasione era ghiotta: in piu' era appena nata la loro etichetta, la "Zoo" e quale miglior modo di aprire le danze se non con un album tirato a lucido, dalla perizia impossibile da mettere in discussione? Ma che siamo provinciali?

Rimpiazzato Mauro Pagani con lo "Straniero" di lusso (Gregory Bloch, ottimo violinista dei Mark-Almond), confermato Lanzetti come voce dopo la prova eccellente sul bellissimo "Chocolate kings" e quindi risolto l'annoso deficit di un vero frontliner, peraltro dalla pronuncia anglosassone perfetta, ecco uscire nei negozi questa copertina azzurro cielo con un aereoplanino di carta in viaggio.

"I've gotta get my senses aligned/I'm in a Jet Lag/Feelin' rythm of my body in another land"; diario di viaggio, quindi (tenersi sotto controllo perchè in una situazione straniante, essere di qua e di là allo stesso momento). Così la voce di Lanzetti sul brano omonimo del disco, dopo la malinconica, quieta ballata strumentale "Peninsula", tutta sulle corde di Francone Mussida. La penisola Italia dove si ripensa all'impresa delle imprese per un gruppo italiano: la conquista dell'America. E già si respira aria fredda. Il brano è complesso e strutturato in piu' movimenti, un concept paradossalmente; il lavoro di bulino degli arrangiamenti, portati dai sedicesimi del frizzante ride di Di Cioccio ci fa stupire e poi raggelare. Sì la qualità è alta "per un gruppo italiano" ma tira aria d'accademia e tutto è verboso e imbalsamato.
"Storia in La" è una impro poggiata su una base quieta e aerea tutta per le agili dita di Premoli al minimoog, che ricorda Ian Hammer. Brano di transizione per il funk-stomp di "Breakin'in", il cui testo sembra raccontare dell'altra faccia di sè che si cela e svanisce appena si crede di averlo incontrato (interpretazione mia ARBITRARIA, attendo correzioni)

Giro facciata: ecco l'unico brano italiano del disco, "Cerco la lingua", piu' vicino ai suoni classici della Premiata. Le peripezie vocali di Lanzetti (sempre ottimo) si attorcigliano su liriche programmatiche. Dovunque il linguaggio sia ("nel linguaggio delle strade/nelle osterie. /Nell'inchiostro dei pianeti/che non vien via") se è vivo è sempre creativo. Ma è la canzone stessa ad essere morta, col suo vitalismo salottiero. "Meridiani" vede di nuovo Mussida protagonista, con l'elettrica stavolta. Ricorda Alta Loma, ma suonata in un freezer, e si perde in un groviglio quasi-free.

"Left-handed theory" è dedicata ai geni mancini: "Think of Da vinci/his ambidexetrous hand/Hendrix guitar sang sweet feedback lightnin' from mars"); teoria che, da destrorso, appoggio. E' un brano vitale, basato su uno stupefacente, atletico giro di basso di Djivas anche se siamo nel cazzeggio da salotto; cazzeggio di lusso però… Con "Traveler" e tutta la sua mestizia "risorgente", grazie al fade in, la PFM tira le somme dell'esperienza e chiude un capitolo notevole della sua storia. Un brano crepuscolare, non privo di invocativa energia, nel bel metro di 11/8.

Sarà poi la volta dell'impercettibile Passpartu' per seguire… Beh, è un'altra storia e su DeBaser è stata già gran ben raccontata …

Carico i commenti...  con calma