Dopo i non felicissimi riscontri ottenuti dall'album "Jet Lag", la PFM chiude la gloriosa parentesi americana, che tanti successi aveva portato al gruppo milanese. Sebbene un buon album, ben suonato, "Jet Lag" sapeva di fredda accademia ed era un po' derivativo su ciò che stava girando in quel tempo nella scena jazz rock americana. Ma non merita il disappunto che tutt'ora continua a ricevere; altro caso invece per "Passpartù" che rivela un profondo stato di crisi creativa della band, su cui la tecnica nulla puo' fare per sopperire alla grave lacuna.
"Passpartù" rappresenta uno dei momenti "no" della loro carriera, superato ampiamente da "Come ti va in riva alla città". Per comprendere le mie motivazioni che sottendono il mio giudizio non positivo bisogna dare un rapido sguardo alla scena musicale del tempo.
L'engagement musicale stava segnando il passo a causa di primi approcci al disimpegno da parte di molte fasce di giovani che non avevano ottenuto risposte soddisfacenti dai movimenti politici. Nello stesso anno gli Area davano alle stampe "Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano", loro canto del cigno, il cui titolo lascia trasparire il fallimento delle esperienze sociali di cui loro erano stati tra i portabandiera. Cito gli Area non a caso in quanto la Premiata deve certamente aver avuto in testa la loro produzione scrivendo Passpartù. Alla ribalta si affacciano artisti che trovano nel nonsense ludico ma profondo l'ultimo vagito di ribellione al nonsenso delle istituzioni e della società. Penso al geniale, puro, Rino Gaetano su tutti.
Cosa sto cercando di dire? La Premiata, che ha spesso usato la propria professionalità e il proprio virtuosismo per celare alcune carenze d'identità,… sì… salta sul nuovo carrozzone, aggiungendo un tocco di Weather Report (Djivas era amicissimo di Pastorius e su Jet Lag a volte arriva a simili conclusioni, suonando straordinarie linee di basso con il neonato Stingray della Music Man) e Mahavisnu orchestra.
Il punk era ancora da venire in Italia, a parte pochi avveduti che acquistavano "Sniffin'glue" nelle librerie d'arte(… ); e poi, non era l'età per i giovanotti della Premiata. La mia teoria sembra essere suffragata dall'ingresso di Gianfranco Manfredi come autore delle liriche. Un poeta bizzarro e talentuoso che dà un "flavour" Gaetanesco alle tracce.
Nonostante l'indubbia solarità diffusa nel disco, la discrepanza tra il gruppo e il paroliere è forte: il risultato è forzato e ancor più grave è l'uso del tono grottesco nei momenti "alla vecchia" ("Su una mosca e sui dolci") o nel romanticismo pop di "Se fossi cosa", che sarebbe una canzone bellina se non sapesse troppo di "A Remark You Made".
La demenzialità programmatica è diffusa su tutte le tracce: "Viene il santo" e "Svita la vita" sono appena scioglilingua per la sempre bella voce di Lanzetti, alla Roger Chapman ; "Le trame blu" vorrebbe rimandare alla sconfitta dei sogni, che però non si arrestano mai. Anche qui siamo tra giullarate dell'epoca e "Storia di un minuto" o "Il banchetto". "Fantalità" è solo buffa e basta.
Non c'è nessun brano che si possa definire brutto: tutto è cantabile, ben suonato (compreso il plagio dello strumentale omonimo) ma nessuno sembra crederci a quel che sta facendo, Roberto Colombo incluso.
Il pubblico, forse consapevole di ciò, ripagherà questa ambiguità con l'idifferenza. La Premiata colmerà vuoto creativo di quel periodo suonando in tour con Fabrizio De Andrè. Altra occasione riuscita a metà: calore, coinvolgimento ma il vero Fabrizio è da un'altra parte.
Occorre dire che i disegni di Andrea Pazienza contenuti nel disco sono bellissimi?
Carico i commenti... con calma