Rivedere la PFM dal vivo è sempre un piacere, soprattutto considerando la popolarità della quale il gruppo è tornato a godere da una decina di anni a questa parte. Dopo il nulla degli anni Ottanta e dei primi Novanta, infatti, Di Cioccio e soci, forti del nuovo interesse nei confronti del rock progressivo, sono tornati a proporre regolarmente dischi e tournée, sostenuti sempre da un buon seguito, sia in Italia, dove sono sempre stati un po' i portabandiera del movimento nazionale, che all'estero, considerati un po' gli alfieri dello spaghetti-rock nel mondo. Dei vari spettacoli che il gruppo porta in giro quello di qualche sera fa ad Erba è forse il più popolare, visto il gran numero di repliche.

Per i quattro che non lo sapessero, la PFM a fine anni Settanta, periodo non felicissimo della propria carriera, ebbe la fortuna di accompagnare il grande Fabrizio De André in tour per una manciata di date, che sarebbero state poi immortalate in due storici album dal vivo. L'ensemble milanese ai tempi iniziava a risentire del calo di interesse nei confronti della propria proposta, mentre invece De André, supportato dalla collaborazione di Massimo Bubola, si avvicinava a territori che oggi chiameremmo folk rock e che sarebbero stati esplorati con due dischi-capolavoro come "Rimini" e "L'indiano". Il merito della PFM fu, in quella tournée, di riprendere in mano alcuni classici del buon Fabrizio e stravolgerne completamente gli arrangiamenti, dando una veste nuova ed elegante a brani che forse già all'epoca, almeno dal punto di vista puramente musicale, risentivano un po' dello scorrere del tempo. Il tributo della PFM, a conti fatti, va quindi inserito all'interno di quella ondata nostalgica sorta intorno alla figura di De André negli ultimi anni e uno spettacolo come questo, se si vuole apprezzarlo, va visto solo ed esclusivamente sotto questo punto di vista, ovvero un tributo, né più né meno.

Mussida e compagni sono naturalmente ottimi esecutori e Di Ciccio è da sempre un grande intrattenitore, simpatico e loquace, bravo tanto dietro il microfono quanto dietro la batteria, quindi lo spettacolo è assicurato. Il concerto vorrebbe idealmente essere suddiviso in due parti, una dedicata a De André e la successiva basata invece sul repertorio storico della PFM. Il pubblico accorso è sicuramente eterogeneo, alcuni sono maggiormente interessati al tributo, altri ai brani della Premiata, altri ancora all'intera esibizione e fa una certa impressione vedere magliette di gruppi prog metal indossate vicino a qualche signore di mezza età in giacca e cravatta.

"Bocca di Rosa", "Andrea" o "Un Giudice" sono brani che hanno fatto la storia della musica italiana e sicuramente risentirli dal vivo fa piacere anche se, per forza di cose, l'originale rimane inimitabile. Il pubblico è partecipe, anche se ogni tanto si da uno sguardo per aria a capire come si spostano certi minacciosi nuvoloni, così come le rivisitazioni de "La Buona Novella" e "Amico Fragile", che chiude la prima parte del concerto, sembrano venire apprezzate. Peccato però che la festa finisca da lì a poco: nonostante il brano eseguito si chiami "La Luna Nuova", della luna in cielo non c'è più traccia e al suo posto ci sono delle brutte nuvole che danno il massimo nello svolgere la loro funzione sociale, ovvero far piovere. Strumenti bagnati, nessuno che vuole rischiare, giustamente, di morire fulminato e concerto tagliato sul finale. Peccato, ma nulla di tragico.

Rimane sicuramente il dispiacere per non aver potuto sentire qualche vecchio classico del prog italico ma, tolto il fatto che la PFM è praticamente sempre in concerto e le possibilità di recuperare non mancheranno, dall'altra va anche detto che, almeno stavolta, si era prevalentemente qui per ascoltare come il gruppo milanese avesse rivisitato un repertorio tutt'altro che semplice come quello di Fabrizio De André. E qui, francamente, andrebbero fatte delle considerazioni. L'idea del tributo in sé, infatti, può anche essere interessante: quei brani del resto sono un po' anche della PFM, almeno in quelle versioni, visto che furono loro, trentacinque anni fa, a metterci mano, quindi è indubbio che abbiano il diritto di portare in concerto anche quel pezzo della loro storia.

Dall'altra parte, però, è discutibile come l'intera operazione venga effettuata: andare ad uno spettacolo della PFM e ascoltare per un'ora e venti quelle che, comunque, rimangono delle cover quando siamo di fronte ad un gruppo che ha fatto la storia del rock in Italia, oltre ad essere uno dei pochi noti anche all'estero, è quantomeno ridicolo, considerando poi che il tempo minimo che, solitamente, viene dedicato al materiale proprio. Da ormai sette-otto anni a questa parte la PFM di fatto non sta proponendo assolutamente nulla di nuovo, sia in studio che dal vivo, cavalcando costantemente l'onda della nostalgia di De André e, francamente, c'è da chiedersi quanto resti di quello che poteva essere un sincero tributo e quanto ci sia di pura speculazione.

Senza poi far notare il fatto che molta gente, appena iniziato il repertorio PFM ha girato i tacchi e se ne è andata, cosa che fa capire quanto la musica dei milanesi interessasse molti dei presenti, dall'altra, anche andando a spulciare la recente discografia del gruppo, si scoprono album dal vivo, in studio e cofanetti tutti incentrati su De André e a  questo punto ci si chiede che senso abbia piazzare il marchio PFM in copertina quando, ormai, in quei dischi della PFM c'è rimasto davvero ben poco. A quest'operazione, poi, se ne affianca da qualche tempo un'altra, "PFM in Classic", con la rivisitazione di pezzi di musica classica, sicuramente interessante, ma che pare aggiungere ben poco sia a quei brani che alla storia del gruppo. All'estero, dove spettacoli come quello di stasera non sono proponibili, la PFM da invece maggior peso ai dischi per cui, giustamente, è apprezzata, anche con riproposizioni per intero dei primi album: perché non pensare a qualcosa di simile anche da noi? "Stati di Immaginazione", disco strumentale del 2006 e di fatto l'ultimo album di veri inediti, era stato ben accolto, perché non pensare di portare avanti quel discorso?

Delle varie date viste nel corso degli anni questa è sembrata quella con la scaletta più debole ma, paradossalmente, questa versione della PFM pare anche essere quella più richiesta. Sicuramente le casse di Di Cioccio e compari saranno piene ma alla lunga, dal punto di vista della credibilità artistica, l'attuale corso del gruppo sembra rivelarsi piuttosto sterile oltre che, di fatto, mortificare trenta e passa anni di onorata carriera. Non sarebbe meglio tornare, finalmente, a mostrare un po' di coraggio, investire su sé stessi ed essere semplicemente la Premiata Forneria Marconi? Chi segue la PFM la risposta già la sa ma chi di dovere, a quanto pare, ha un'idea ben diversa. 

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