Once you rock, you can't stop.
Mutuando il claim pubblicitario delle Pringles ottengo una stupida frasetta che però descrive bene lo scoramento prima e la voglia di rivincita poi di tutte le band glam rock che sono state spazzate via dal solito fatterello del grunge e che, con orgoglio, sono tornate a calcare la scena a distanza di poco tempo.
Qui siamo nell'undergound di genere. I Pretty Boy Floyd sono una band hollywoodiana dedita al glam rock più intransigente ed integralista. Sono esistiti degli omonimi (meglio dire cloni?) in Canada ma hanno avuto spazio solo per un disco, almeno con quel nome, visto che poi hanno dovuto cambiarlo minacciati da avvocati gangster californiani.
La band aveva esordito bene nel 1989 e aveva fatto strada anche nel circuito europeo, soprattutto in Gran Bretagna, accostando il proprio nome ad artisti del calibro di Quireboys, eterne promesse mai mantenute di rinascita del glam.
Ma poi niente da fare, ognuno per i fatti suoi e arrivederci. Eppure una band di questo tipo, sfrontata, scontrosa, dedita agli eccessi a profusione, impavida ostentatrice di uno stile glam 100% anche nel vestiario e nel make up - praticamente drag queen aggressivissime e strafatte - rappresentava la risorsa più pura su cui poggiavano lavori altrui.
Forse per questo nel 1995 con l'EP all'ordine del giorno, in un periodo a dire il vero piuttosto infelice - come scelta strategica -, il gruppo, rinnovato con musicisti di spessore, decide di tornare fiducioso a spolverare le pajettes e il proprio logo stradaiolo per rilanciarsi nella mischia. Il successo sperato viene mancato di nuovo e, secondo me per fortuna, i Pretty Boy Floyd restano relegati nell'underground senza via di uscita.
I motivi sono facili da capire. 5 brani sono pochi dopo tutto questo tempo. Dei 5 solo uno meritava di essere lanciato. Bastava fare un singolo e puntare tutto su quello prendendosi il tempo di partorire un full-lenght come si deve. Ma tant'è. Il brano è "Junkie Girl" un punk insozzato di glam fico da paura, sparato a velocità vertiginose e reso dannatamente catchy da riff di chitarra che fanno scuola. La proposta musicale complessiva è interessante. La produzione è così acida che sembra lasci colare liquido fucsia dallo stereo una volta inserito il cd dentro. Prima del brano descritto c'è l'opener "Shut Up" classificabile, rubando il termine ad un sito "divertente", come gay metal (!!!) in cui dolci armonie da momento patinato manga vengono brutalizzate da inserti street. Negli EP non mancano le cover, e qui ce n'è una dei Big Bang Babies - "Everybody Needs a Hero" - che risulta essere plastificata e non troppo passabile. A seguire un altro brano cileccoso come "Do You Love Me", mentre i PBF chiudono andando sul sicuro con "Good Girl Gone Bad", degno dei Motley Crue formato strada, pezzo di maniera ma tosto e retrò al punto giusto.
Mi viene facile dare un voto a questo lavoro. Ho 5 stelle a disposizione per 5 canzoni. 3 vanno bene, 2 no e passa la paura.
Vivamente consigliato a chi vuole esplorare lo street glam "talebano". Un'occhiata andrebbe data anche ai primi due lavori di questi pazzi fottuti.
Elenco e tracce
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