Il nuovo Primordial, è già nei negozi da qualche mese. Nell’attesa di una seria analisi, che si spera possa sbocciare a breve in una valida recensione, diamo pure una rispolverata al suo valido predecessore.
Uscito nel 2011, Redemption at the Puritans Hand, attenua lievemente la claustrofobia e la drammaticità di To the Nameless Dead per recuperare l’estro pagano del memorabile Spirit the Earth Aflame scaraventando l’ascoltatore in un abisso plumbeo, desolato e malinconico.
La critica italiana è sempre piuttosto creativa e disparata nel definire il genere proposto da questi irlandesi. Per rendersene conto, basta fare un viaggio in rete e leggere le recensioni del suddetto disco: epic metal, celtic metal, folk metal; qualcuno si rifugia dietro gli scudi scrivendo semplicemente metal; qualcun altro si macchia d’eresia azzardando addirittura la parola pagan; (forse uno di quegli illusi scribacchini che vede il cosmic, l’hollywood e il film score metal, come generi veramente esistenti).
Analizzando i Primordial nella loro genuinità metallica, potremo spavaldamente ostentare che il tetro crepitio del basso, il granitico muro eretto dalle chitarre, le intermittenti percosse della batteria, e la voce disperatamente teatrale, assumono toni palesemente doom; stile che funge da perno alla musica proposta, per poi tingersi di schizzi black, epic e folk metal.
Il disco propone otto suite per un’ora di terso lirismo e ineffabile classe sonora. Nessuna caduta di tono: tutto perfetto dal prologo all’epilogo, sebbene sia sempre un piacere citare i momenti di maggior impatto emotivo, come il refrain dell’opener No Grave Deep Enough, dove lo scream di Nemtheanga dona un tocco di malvagità in più al perverso folk/doom delle strofe; o ancora al crepitio elettroacustico che introduce Lain Whit the Wolf.
Riflettendo poi sull’opprimente clima che assilla questo lavoro, è scontato pensare alla nostalgica desolazione di The Mounth of Judas, o all’afflitta idolatria di Death of the Gods. Ma è Bloodied yet Unbowed, il sunto di tutte queste funeste emozioni. Stiamo parlando del brano più curato di questo lavoro. Introdotto da una spossata nenia elettroacustica, esplode poi in un epico mid-tempo, troncato improvvisamente da una violenta accelerazione (che sembra menzionare i Satyricon di Dark Medieval Times) destinata poi a placarsi in un outro corale dal retrogusto nordico: uno spettacolo che valeva la pena raccontare nel dettaglio!
Redemption At the Puritan’s Hand potrebbe essere ricordato come il disco più bello dei Primordial; di certo si tratta di quello più riuscito, grazie anche all’omogeneità dei brani e ad un suono grezzo al punto giusto. Buon requiem a tutti voi…
Line up:
Nemtheanga: Vocals
MacUilliam: Guitar
MacAmhlaigh: Bass
O’Floinn: Guitar
O’Laoghaire: Drums
Tracklist:
1 No Grave Deep Enought
2 Lain Whit the Wolf
3 Bloodied yet Unbowed
4 God’s Old Snake
5 The Mounth of Judas
6 The Black Hundred
7 The Puritan’s Hand
8 Death of the Gods
Federico “Dragonstar” Passarella.Carico i commenti... con calma