Pare che il titolo sia un omaggio ad una serie di leggendarie feste che ebbero luogo in un dormitorio universitario della città di Berkley, dove veniva servito del punch corretto con LSD. Questa premessa era doverosa per dare l’idea dell’ aria che si respira ascoltando queste “storie dalla tazza del punch”.

Chissà che razza di storie sono state raccontate durante queste feste; senza dubbio strane storie, popolate da personaggi folli e grotteschi. Forse i Primus ne ascoltarono alcune, che hanno ispirato loro questo bellissimo disco, probabilmente il migliore della loro carriera. Era il 1995 quando uscì, a distanza di due anni dall’acclamato "Pork Soda", proponendo un’evoluzione del gruppo in chiave più melodica e lisergica.
La famosa/famigerata voce di Les Claypool (il funambolico bassista, mente geniale del gruppo) tende spesso a seguire la melodia portante della canzone, adattandosi perfettamente al contesto sonoro. Tim “Herb” Alexander (batteria) e Larry Lalonde (chitarra), molto più che semplici comprimari di Les, danno prova nella registrazione di essere grandi musicisti (un mago della batteria il primo, un’artista del feedback l’altro).

Il trip comicia in bellezza con “Professor Nuttbutter’s House Of Treats”, lunga opener (più di 7 minuti) potente ed aggressiva, quasi una jam session, con il basso a 6 corde di Les accompagnato da schitarrate molto più pesanti del solito. La cupa “Mrs. Blaileen” è uno splendido esempio di stile Primus, con la voce quasi sussurrante di Claypool che ci racconta la storia di un ragazzino umiliato da maestra e compagni, che sfocia in un tragico epilogo; praticamente un film di 3 minuti in forma di canzone. “Wynona’s Big Brown Beaver” è uno dei successi storici del gruppo, forse anche grazie ad un video ultra demenziale che ai tempi imperversava in tv, dove i membri della band erano vestiti da cowboy di plastica (!). In questo pezzo tiratissimo, con influenze country, i 3 danno prova delle loro doti tecniche sopraffine, messe al servizio di una delle canzoni più orecchiabili del disco. Un classico. Si arriva così a una delle perle, “Southbound Pachyderm”, introdotta da un ipnotico arpeggio di basso che accompagna tutto il pezzo, con un incedere lento e onirico.

Space Farm” è uno strano intermezzo strumentale pieno di grugniti suini, che ricorda la colonna sonora di un videogame d’altri tempi. “Year Of The Parrot” è più simile allo stile di loro primi lavori, dura e ritmata: discreta ma niente di eccezionale. “Hellbound 17 ½” è un pezzo quasi strumentale, dove stavolta la fa da padrone la chitarra “ impazzita” di Lalonde; probabilmente la colonna sonora giusta per un incidente automobilistico (vedi lo schianto finale). In ”Glass Sandwich”, più lenta, incanta l’iniziale drumming potente e preciso di Alexander, mentre Les suona il contrabbasso, utilizzando un arco.
Segue “Del Davs Tree Farm”, anche questa molto “old school”, mentre subito dopo è il turno di uno dei capolavori, “De Anza Jig”, uno dei pezzi migliori dell’album; è una ballata in stile country/folk in cui la bizzarra vocina di Claypool (che per l’occasione suona un basso banjo) si sposa alla perfezione con questa musica, che odora di sterco di vacca, cowboys e contadini redneck. Corona il tutto un testo spassoso, dove il cantante si abbandona alla descrizione degli assurdi personaggi che abitavano la sua cittadina d’infanzia, El Sorbante.

On The Tweek Again” è lenta, paranoica e distorta, ornata da taglienti feedback di chitarra e cantata con un falsetto assolutamente azzeccato. L’ultima canzone è “Over The Electric Grapevine”, concentrato di pura genialità Claypooliana. Inizia con un richiamo alla musica indiana (più che un basso sembra un sitar) e prosegue in un crescendo di lucida follia, permeata da un atmosfera psichedelica (non per niente racconta di un viaggio in macchina sotto LSD). La finale “Captain Shiner” è una breve ripresa della melodia di “De Anza Jig”, accompagnata da gabbiani e altri suoni che fanno pensare ad un porto di mare.

Per completezza, è necessario sottolineare come il CD sia in formato “Enhanced”, purtroppo utilizzabile solo con Windows 3.1/95 (non so se oggigiorno viene venduto in versione XP compatibile, io lo comprai nel ‘96). Una volta installato, ci mette ai comandi di un battello giocattolo, che possiamo guidare attraverso 13 isole (una per ogni canzone del disco), ad ognuna delle quali corrisponde un video (malatissimo). Ben realizzato e divertente (anche se la grafica 3D oggi sembra un po’ datata): un modo alternativo per dare sfogo all’ incontenibile creatività di un gruppo la cui storia è scritta ormai a pieno titolo nelle pagine più eclettiche della storia del rock, accanto a nomi del calibro di Zappa, Captain Beefheart e Residents.

Carico i commenti...  con calma