Ormai la cosa potrebbe sembrare imbarazzante.

Forse uno psicologo saprebbe spiegare ed analizzare meglio del musicologo che comunque non siamo.

Qui s'è soltanto vecchi innamorati, appassionati, debolissimi ogni volta che si sente quell'urletto, quella chitarra, quel falsetto e quei suoni...; quindi ci si deve fare una bella botta d'auto-ipnosi prima di scriverne.

E anche ascoltare, "masticare" a lungo, capire... Anche se l'esegesi dell'opera di Prince oggi può quasi essere considerato un lavoro, anche a valutare esclusivamente l'opera ufficiale in studio, dal momento che - un dato a caso...- nell'ultimo anno ha pubblicato la bellezza di quattro dischi... (tre a nome proprio, con questo, e uno prestando le parti vocali al figottone di turno Bria Valente).

Da appassionati, e con l'inane sforzo di quel minimo d'oggettività, procediamo con l'analisi.

Una cosa salta subito all'orecchio, al primissimo ascolto: il sound. Unanime e uniforme più che mai (da questo punto di vista s'è abdicato alla versatilità, senza dubbio...), il suono è perfettamente a metà strada tra "1999" e l'opera successiva con i Revolution.

Quindi? Quindi, a voler criticare, si può notare subito che Prince è fermo, e che si guarda indietro, come ormai, oggi, fanno quasi tutti i grandi.

Mancanza di idee, fine dell'ispirazione, dell'innovazione? Può essere corretto tutto come il contrario di tutto, compresa la teoria sofista che la mancanza d'innovazione, oggi, sia il massimo grado di innovazione (sofista nonché discreta sega mentale, direi...).

Fatto sta che le batterie sono quelle, il suono della chitarra anche, e soprattutto le tastiere. Il che fa pensare che la scelta sia stata proprio quella di riprodurre il suono di allora, probabilmente solo suonando strumenti di allora (anche registrandoli come allora...? ...chissà...).

Il risultato finale ha il sapore, quasi, di un falso d'autore. Un'auto-clonazione così come una continua auto-citazione. La domanda che dovremmo porci (o forse dovremmo non porcela...?) è: va bene così? Dobbiamo metterci il cuore in pace in relazione all'inventiva di Prince, alla sua capacità (provata per almeno un quindicennio) di guardare sempre avanti, e mai indietro...?

Proviamo a darci una risposta possibilista e non aprioristicamente negativa, e valutare il prodotto per quel che è, per come suona, senza tante seghe mentali.

E, devo dire, questa volta più di tante altre, e dopo alcune delusioni, mi trovo a sfiorare il concetto di soddisfazione.

Il disco è - come dicevo, studiatamente - molto "princiniano". Soprattutto a guardare al Principe dei primi cinque-sei album. Roba fatta prevalentemente tutta in casa e tutta da solo. Con quei suoni, con quella libidine, con quell'inevitabile funk. E quel volere essere, o semplicemente essere, squisitamente vintage, fermo a cavallo tra i settanta e gli ottanta.

Si nota anche un maggiore sforzo di "cantabilità" e orecchiabilità di ogni brano. Si abbandonano molti inutili barocchismi (qualcuno, rimane, a tradire l'età...) e ogni altro piccolo incidente è del tutto trascurabile.

Insomma: un buon disco di Prince. Inferiore ad uno qualsiasi degli ultimi dei bootlegs live (a mio avviso il Principino, ormai, è più che altro un gigantesco monumento a se stesso "live") così com'è immensamente inferiore al periodo aureo 1978-1988...ma probabilmente è stupido, oggi, aspettarsi di più.

Il disco è originale nella sua assoluta non-originalità, ed è più che piacevole da sentire. Accontentiamoci?

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