Correva l'anno 1989, e la Warner Bros. dava carta bianca a uno come Tim Burton per portare sugli schermi Batman, il film che avrebbe rivoluzionato completamente l'immaginario collettivo dei supereroi hollywoodiani. Basta calzamaglie attillate ma robuste armature modellate su un corpo umano sempre più cyberpunk. Basta città solari ed eroi buoni, bisognava fare i conti con una Gotham City che sembrava uscita direttamente dalla matita di Frank Miller, e soprattutto con un supereroe che poteva essere tutto tranne che buono. E poi basta cattivi così così, quei cattivi che sotto sotto sono anche buoni. No grazie, non ci interessa. Noi abbiamo Joker. Ci teniamo stretto il ghigno di Jack Nicholson e la sua cattiveria totale, senza macchia (di bontà sia chiaro).
Adesso provate a riflettere un attimino: siete la Warner Bros, e avete per le mani un film del genere. Sapete che state per dare vita ad un'icona pop. Avete molto chiaro in testa che intaserete il mercato di gadget, dato che state per scatenare una delle più grandi campagne marketing della storia. Avete visto il film e non ci avete capito un cazzo, ma sapete che spaccherà perchè vi tremava la pancia ad ogni risata del Joker. Non parliamo poi dei capelli e delle labbra di Vicky Vale (mamma mia quanto bella era Kim Basinger prima di siliconarsi?). Insomma, altro che patata bollente, avete per le mani un groviglio intricatissimo di genio, estetica pop, visionarietà, marketing, ultracommercialità. Chi chiamate per fare la colonna sonora? Siamo nel 1989. Beh, potete chiamare soltanto una persona, Prince.
E per fortuna la Warner ha chiamato proprio lui! Il disco sfornato dal nostro Joker in miniatura è un vero e proprio gioiello. Il nanetto di Minneapolis è in gran forma, e il ritmo essenziale e meccanico di "The Future" che apre l'album la dice lunga su quello che ci aspetta. Un pizzico di chitarra distorta in "Electric Chair" ci ricorda che è Prince a dettare le regole del gioco, prima del duettone con Sheena Easton per "The Arms Of Orion". "Partyman" è Prince al 100%: suoni ultrapop, voce sensuale, qualche coretto appena accennato qua e là, incursioni volanti di una chitarra impazzita. Una libidine. Tutto l'album è di altissimo livello, e a pensare che è l'ultimo di una serie che comprende "Purple Rain", "Around The World In A Day", Parade", "Sign 'O' The Times", "The Black Album" e "Love Sexy" c'è da restare senza parole. L'intera struttura sonora dei pezzi è retta dai ritmi duri e spigolosi che scandiscono in maniera fredda ogni singola canzone, ritmi che sembrano quasi disturbati dalla voce sorniona di Prince, che sembra indeciso se portare al limite la sua voglia di essenzialità o se strabordare con suoni e rumori di ogni tipo.
Ci siamo, ora avete girato il vostro vinile e sta per arrivare l'ultima traccia, "Batdance": dentro a questo strabiliante pezzo c'è tutto quello che avete sempre desiderato e che non avete mai avuto il coraggio di chiedere. Una chitarra che esplode distorta su tre note per restare silenziosa, un groove dal suono ipnotico, invenzioni sonore a ripetizione, coretti trashpop che citano l'indimenticabile duo formato da Adam West - Burt Ward, un assolo gridato da una chitarra che si sente fuori posto, voci che si incalzano e si sovrappongono, un break che ti taglia le gambe e ti fa pensare "cosa cazzo si è inventato ancora questo pazzo scatenato?" poi si accelera di nuovo? non ce la si fa proprio a stargli dietro, è un Prince vittima del suo stesso genio. Una canzone che da sola vale un album. La follia di Joker e le tenebre di Batman racchiuse in 6 minuti e 13'' memorabili, non c'è altro da dire. Le cose sono due: o vi leggete "Il Ritorno del Cavaliere Oscuro" di Miller o vi ascoltate "Batdance". Non ce n'è, Batman nasce e muore qui dentro. Il film di Tim Burton ci sta giusto giusto in mezzo, gomito a gomito con "Batman: Killing Joke" di Alan Moore.
Le folli risate del Joker che aprono e chiudono il brano sono le stesse del genio di Minneapolis? Forse sì, ma non è importante saperlo. Del resto avete mai ballato con il demonio nel pallido plenilunio?
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