Il 1987 è un anno cruciale per Prince: i Revolution vengono sciolti dopo un quinquennio di successi, le prime beghe con la Warner Bros. prendono corpo (sfociando poi nei turbolenti anni '90) con il rifiuto dei discografici di pubblicare il triplo "Crystal Ball", sostituito poi dal seminale "Sign O' The Times". Il 1987 è anche l'anno della (mancata) pubblicazione del "Black Album", la risposta del Principe di Minneapolis all' "Album Bianco" dei Beatles.

Vocione che borbotta in sottofondo (in attesa di The Rainbow Children), fiati in aumento, e il suo canto di petto (quel "people, get ready...", per me, è uno dei suoi timbri migliori): si apre cosi' "Le Grind", edonista, casinista, decisamente sporcacciona (p.e. il pezzetto verso la fine, quando i coretti sono costituiti dal puro ansimare) sembrerebbe dare la misura dell'intero album, nerissimo e funkissimo. In effetti il seguito, "Cindy C.", ne segue lo spirito festaiolo, con la voce del nostro che si fa acida, stridula, mentre la musica, ancora dominata dai fiati, cede per un momento a ritmi esotici, prima dello spiritoso botta e risposta fra il nostro e la "sua" Cindy (il rap di Cat)... Le due canzoni iniziali, penso, sono altrettanti concentrati del Prince-sound, non solo di quel periodo: ritmiche sintetizzate, infinite voci sovrapposte, continui cambi di ritmo e soluzioni sonore e stilistiche inaspettate... Il carattere onnivoro ed enciclopedico della musica di Prince non si manifesta solo sulla durata di un intero album ("Sign O' The Times" insegna), ma spesso all'interno di una singola canzone. "Dead On It" è una presa in giro, nemmeno tanto benevola, del rap più ottuso ("Negroes from Brooklyn play the bass pretty good/But the ones from Minneapolis play it like it oughta should" e ancora "See, the rapper's problem usually stem from being tone deaf/Pack the house then try 2 sing, there won't be no one left/On it") e "machista". Al contrario, "When 2 R in Love" c'entra qui come i cavoli a merenda...dovunque la si metta, però, risplende del suo cristallino, sereno, sensuale carattere di ballata a luci abbassate (mai delle porcate sono state proferite con tanto candore). Il salto a "Bob George" è brusco, ma non privo di effetto drammatico: qui Prince si cimenta in una delle sue attività preferite: la ritrattistica. Dipinge con pochi colpi di pennello il ritratto di questo strano personaggio, come altrove ha fatto (quante canzoni con nomi propri nel suo repertorio: Anna Stesia, Anne Christian, Dorothy Parker, etc), ma qui vira decisamente per la parodia, l'auto-ironia (What's he do 4 a living? Manage rock stars?/ Who? Prince?/Ain't that a bitch!/That skinny motherfucker with the high voice?), e per la messa in scena, con tanto di sparatoria e sirene della polizia.

"Superfunkycalifragisexy" parte dalla rilettura di un jingle/tormentone (lo facevano già i Beatles, ma Prince dimostra di avere una passione per questo genere di cose, anche qui gli esempi sono molti, da America a Man in Uniform), per trasformarlo nell'ossatura di un funky denso e oscuro, vagamente inquietante: tanto le prime due canzoni sono solari, tanto "Bob George" e questa rappresentano il vero lato "buio" del Black Album, che però non prende ulteriormente corpo, ma svapora nell'intrico di voci concitate che preludono all'esercizio libero dei musicisti, in "2 Nigs United For A West Compton", dove sembra tornare lo spirito di controllata improvvisazione che dominava le registrazioni giovanili di 94 East. Dopo alcuni minuti (forse troppi..) si fa ritorno alla forma canzone, con quel delizioso (secondo me) pastrocchio che è "Rockhard In a Funky Place": fiati, ritmi propulsivi per il basso ventre, coretti, vocine in falsetto, assolo di chitarre... tutto viene calato nel pentolone di questo pezzo che sembra sempre sul punto di deragliare, e invece, malgrado l'eterogenea combriccola che lo popola, arriva brillantemente alla meta, al finale di una perorazione sul tema dell'amore (à la Prince, naturalmente, con tanto di disappunto per le "erezioni perdute"...), e all'appuntamento per il prossimo capitolo della saga...

Un divertissement (l'album fu realizzato in per la festa di compleanno di Sheila E.) scritto in un periodo di grande ispirazione che pur non toccando i vertici della produzione princiana (il voto sarebbe 4,5 su 5) riesce ad essere fresco ed in alcuni momenti innovativo.

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