"Lovesexy" rappresenta il culmine della produzione princiana. Chiude di fatto gli anni '80 (la colonna sonora di Batman è un progetto a sé) e apre la lunga stagione di conflitti con il mondo intero (casa discografica in primis).

Da un punto di vista musicale "Lovesexy" prosegue quanto già elaborato in "Sign 'o the Times" e nel "Black Album", accentuando però la matrice jazzy. La band di accompagnamento è la stessa dell'anno precedente: Sheila E. alla batteria, Levi Seacer al basso,Matt Fink alle tastiere, Miko Weaver alla chitarra ritmica e la sezione fiati composta da Eric Leeds e Atlanta Bliss. Lovesexy è anche la testimonianza di come la critica musicale mainstream capisca poco di musica e giudichi in base alle vendite e alle amicizie nelle case discografiche. E', altresì, la dimostrazione di come spesso si giudichi un libro (album in questo caso) dalla copertina, limitandosi agli aspetti più superficiali. L'album, invero, incontrò non poche ostilità negli USA per via della copertina, al punto che molti negozi si rifiutarono di esporlo in vetrina e alcune catene di distribuzione addirittura di distribuirlo. Nonostante ciò, "Lovesexy" rappresenta la maturità artistica di Prince, la sublimazione definitiva del funk, non più rozzo e sporcaccione come agli esordi (Dirty Mind su tutti), ma elaborato e raffinato, elevato dalla contaminazione col jazz, il rock ed altri generi più o meno definiti (il finale "ambient" di Positivity rappresenta una delle vette della produzione del Nostro).

Il disco si segnala come il trionfo degli arrangiamenti: il minimalismo di "Parade" e "Sign o' the Times" cede il passo fin da subito a un suono iper-prodotto, pieno zeppo di abbellimenti, di trovate barocche. L'unità concettuale e stilistica di "Parade" viene qui riproposta, ma con un effetto molto diverso: se lì prevaleva l'aspetto retro', il sapore "continentale", in linea con le atmosfere del film, qui l'elemento unitario è ottenuto con l'affastellarsi delle mille voci sovraincise, l'uso dei fiati, gli archi e i suoni simulati che ne danno un aspetto più "contemporaneo". ‘Eye no’ è, come in casi analoghi, la dichiarazione d'intenti dell'intero disco: il tono è felicemente spirituale, da predica laica e sensuale. Si parla di inferno, ma con una gioiosa perorazione al raggiungimento dei cieli promessi: la melodia collassa sotto il marasma di voci che parlano, strillano, sussurrano, mentre i fiati pompano e conducono all'orgasmica esplosione finale. La cerimonia gospel si conclude fra applausi, lasciando isolata la voce del predicatore che introduce ‘Alphabet street’: sembra di sentire un Bo Diddley aggiornato (il ritmo della chitarra), ed estremamente più cool: la voce di petto è carica di sottintesi sessuali, con le parole pronunciate a labbra serrate, mentre il nostro si propone alla bella di turno per un giro in Thunderbird. Qui l'insieme contiene la promessa di un soddisfacimento decisamente "terreno",anche se lui dichiara di voler solo guardare, e il tono, molto meno lascivo degli esordi, inclina a favore del corteggiamento, piuttosto che della "conquista" effettiva. E, nel sedurre la partner col semplice recitare le lettere dell'alfabeto, sembra far capolino Camille, il lato femminile del nostro. ‘Glam Slam’ è la melodia più immediata, per un brano che, anche nelle sue atmosfere orientaleggianti, deliberatamente vuole apparire fra i momenti più spirituali del disco: non a caso, si riascolta qui un esempio della psichedelia alla Prince, che non avrebbe sfigurato in Around the World In a Day, e che presenta la stessa immediatezza (ben costruita, in realtà, di una ‘Raspberry Berret’).

Ma il vero cuore spirituale del disco quello che segue. Come capita nei suoi momenti migliori (vedi ‘If i was your girlfriend’), musica e testo si uniscono in ‘Annastesia’ (= anestesia), raggiungendo un'efficacia inarrivabile: la disperazione, l'angoscia, l'anelito alla "redenzione" trovano forma compiuta nel dolente incedere della canzone, sottolineato perfettamente dai sotterranei assoli di chitarra (e di tastiere), che di rado ha avuto, nella sua musica, una resa così drammatica. Personaggio reale, metafora di un agognato annullamento dei sensi, e infine tramite per l'ascesa a dio: ‘Annastesia’, che è tutto questo, è il perno su cui ruota il disco e l'intera "fede" di Prince (a mio parere per nulla millantata, ma, anche se del tutto sui generis, autentica). ‘Dance on’ riprende la lettura del presente iniziata con Sign o' the Times, e lo fa con una virulenza inaspettata: la batteria e soprattutto il basso a mo' di mitragliatrice ne fanno un funk ossessivo (proto dum 'n' bass?), cupo, che ben si adatta al testo (ancora una volta, una carrellata sulle tragedie contemporanee)...la cupezza viene però prontamente stemperata dal ritmo di ‘Lovesexy’, che riecheggia vagamente ‘1999’: il filo della canzone è davvero arduo da seguire, veloci come sono i cambi di ritmo e di atmosfera, coi fiati a farla da padroni mentre sullo sfondo succede di tutto, fino al rap incrociato e accelerato di Cat e Prince. ‘When 2 R In Love’ ridona la pace alle orecchie stordite, e trova una collocazione, qui, più confacente rispetto al Black Album. La semplicità della melodia è tutta a favore del sapore di caldo abbraccio sensuale che la canzone regala, facendone un vertice della produzione "da camera da letto" del nostro. Ci si sente cullati anche nel morbido passare a ‘I Wish U Heaven’, un breve interludio in cui anche la solida presenza della chitarra elettrica è funzionale al clima estatico del pezzo, assieme a cori in falsetto, chitarre ritmiche, voci femminili. ‘Positivity’ riprende le tematiche sociali, ma trasfigurandole nella luce dell'eterna lotta fra bene e male: la canzone è un vero peana, e una chiamata alle armi. Il principe pare assiso fra le sue coorti, mentre la musica acquista gradatamente un andamento marziale, con battito di mani e rullare di tamburi. Se volete, è il volto meno ironico del nostro, e in quanto tale può urtare, pure. E' probabile che su questo pezzo i pareri siano divisi in modo netto, o lo si ama o lo si detesta. Personalmente, a me è sempre piaciuto moltissimo: musicalmente, mi è sempre sembrato ardito, coraggioso e inedito (e poi, la chitarra è strepitosa)...

Do we mark u present, or do we mark u late?!

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