1970, i Procol Harum rimangono orfani sia del bassista Dave Knights che dell'organista Matthew Fisher il cui suono aveva caratterizzato pesantemente le canzoni più famose del gruppo. Entra in formazione Chris Copping (vecchio amico della band) che si trova nella posizione di sostituire sia il bassista che l'organista. Con  delle premesse di questo tipo è facile intuire i cambiamenti che troviamo nel disco partorito da questa situazione, cioè Home.

Sin dall'opening track siamo travolti da una sorpresa: una rampante chitarra Hard Blues ad opera del buon Robin Trower che apre il brano "Whiskey Train" ci proietta in un sound del tutto inedito per il gruppo inglese! La batteria pompa "a tutta caldara" un ritmo da locomotiva imbizzarrita e ci guida nella più grintosa performance rock-blues che non ci si sarebbe mai aspettati dagli autori di "Shade of pale"...  la traccia più esaltante del disco, un brano assolutamente memorabile!
L'energia è davvero tanta, continuando con "Still there'll be more" altro pezzo hard dell'album: i toni minacciosi del testo che recita " I'll blacken your Christmas and piss on your door, you'll be crying for mercy but still there'll be more " lasciano stupefatti (come la maggior parte delle liriche del disco che esamineremo più avanti) ed ancora a farla da padrona è la chitarra di Robin Trower che probabilmente stufo di rimanere relegato in secondo piano dalla predominanza di organo e pianoforte ora veniva a reclamare il proprio ruolo di Guitarhero.  

Non mancano gli episodi più tipici nel sound della band come "Whaling Stories" la cui struttura ricorda la suite del secondo album "In Held Twas In I" in cui torna protagonista il piano di Brooker e la sonorità sinfonica a lui tanto cara. Notevole comunque l'apporto chitarristico soprattutto nella pate finale del brano.
"The dead man's dream" è un'altro brano dal sound tipico del gruppo, e già dal titolo però possiamo capire che il tema della canzone è "la morte", che poi scopriamo essere il tema di tutto l'album: avrebbero potuto tranquillamente chiamarlo "Songs from the Grave" vista la concentrazione di testi sulla morte! Quest'aura di pessimismo penso fosse dettata dalla situazione incerta con la quale si era aperto il nuovo decennio per la band, per cui il lyricist del gruppo Keith Reid ha sfoderato un testo più depresso e funebre dell'altro: "About to die" scritta con Robin Trower è sulla stessa falsariga, con un riff  di chitarra suonata in un leslie incentrato su accordi minori, come anche nella ballata dal gusto folk "Nothing That I Didn't Know" nel cui testo si parla di una ragazza che muore.
A spezzare il climax funureo di questi brani ci pensa "Piggy Pig Pig" brano dall'andamento molto particolare e dal gusto un pò amaro e un pò sanguigno, che culmina nel coro finale che recita il titolo insieme a versi di maiale.  
Come finale di album forse per riemergere da quest'inabissamento nelle viscere di un cimitero troviamo "Your Own Choice" un mid-tempo dal gusto Dolce-amaro guidata da una armonica western che ridà una parvenza di ottimismo all'ascoltatore.

Nonostante le liriche (comunque interessanti) deprimenti il disco all'ascolto è più eccitante che mai visti i contiui saliscendi stilistici, almeno secondo il sottoscritto, e merita di rientrare nella cerchia dei classici del gruppo, grazie soprattutto al riscatto chitarristico di Robin Trower che accentuando i toni Hard offre nuove sfumature al sound complessivo. Un disco da rivalutare e da ascoltare anche grazie alla bella registrazione effettuata nei mitici Abbey Road (come tutti i dischi precedenti del resto) e per la presenza di quella meraviglia che è "Whiskey Train".

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