Correva l’anno 1994. Al tempo dividevo le mie giornate tra scuola, sale giochi e negozi di dischi. Me lo ricordo benissimo il 1994, perché nell’arco di quei mitici dodici mesi sono usciti la maggior parte degli album che hanno totalmente cambiato la mia concezione di musica. Innanzitutto i Nine inch Nails di "The Downward Spiral", i Machine Head di "Burn my Eyes", l’omonimo dei Korn, "Portrait of an American Family" dei Marilyn Manson e "Youthanesia" dei Megadeth. Poco più tardi arrivò anche "Demanufacture" dei Fear Factory. In quell’anno era difficile che ascoltassi qualcos’altro, e forse è per questo che sento di dover rendere merito a questo lavoro dei Prong, trio newyorkese già all’attivo verso fine anni ’80.
La band propone un hardcore metal dai toni aspri, duri, che a tratti chiama in causa sonorità care ai Sick of it All più maturi. Con le chitarre poste in primissimo piano, l’utilizzo degli effetti ridotto al minimo indispensabile, una sezione ritmica sincopata ed un basso dalle tonalità grezze (a tratti inopportuno), creano un lavoro interessantissimo, seppur non particolarmente vario. Il riff stoppato di "Another Wordly Device" (mediocre canzone d’apertura) ci introduce dentro la rabbia di "Cleansing", che raggiunge la tensione massima già con la successiva "Whose Fist is This Anyway?". Spetta al basso di "Snap Your Fingers, Snap Your Neck" controllare gli istinti, sembra voler calare l’ostilità, ma le chitarre entrano sulla base come affilate lame, e la voce roca di Tommy Victor appare d’un tratto meno confusa, supera finalmente quel compatto muro sonoro per cantare la sua rabbia contro il sistema, e la sua denuncia sociale si risolve nella seconda strofa: "expectations of my daily bread gives me the hunger to steal". Si vira improvvisamente verso il thrash sparato per "Cut Rate", per tornare all’hardcore di "Broken Peace" e delle successive.
Un’analisi track-by-track diventa infatti inutile da questo punto, in quanto il prodotto risulta piuttosto granitico, e scivola senza intoppi fino alla fine. In definitiva, questo "Cleansing" risulta un buon lavoro, che probabilmente non avrei apprezzato nell’anno della sua uscita, data la spietata concorrenza di gruppi che a mio avviso hanno dato nuovo impulso alla scena metal in generale. Da ascoltare oggi, per dimenticare tutti i clichè stra-abusati e mal digeriti dalle generazioni successive di musicisti (ma anche la spirale verso il basso che ha colpito i miei idoli di ieri).
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