IMPOSSIBILE.
È appunto impossibile che manchi la recensione di “Rude Awakening” dei Prong. Quindi ora ci penso io. Ok, iniziamo con un po’ di storia, lo so che ad alcuni non piace la storia , che è pallosa, ma è necessaria, se no uno si chiede: “Chi c***o sono sti Prong?”. I Prong sono un gruppo industrial metal formatosi nel 1986 A New York e fondato da Tommy Victor (chitarra, voce) e Ted Parsons (batteria). Non ci fu un vero e proprio bassista fisso nella band.
Il loro originale sound, composto da un bellissimo groove li portò ad essere considerati come gli eredi dei Killing Joke. Dopo cinque album confermeranno queste considerazioni registrando quello che sarà riconosciuto il capolavoro della band e un capolavoro del metal, “Rude Awakening” appunto. In questo lavoro e in quello precedente collaborarono proprio con l’ex - bassista dei Killing Joke Paul Raven.
"Rude Awakening" è un concentrato di pura rabbia, di alienazione, di una inesauribile energia e di un forte nichilismo inferiore (se non pari) solo a quelli dei “padri” industrial Swans. Nei suoi groove si può sentire già il sound che caratterizzerà il cosiddetto “Nu – Metal”, termine che proprio non mi piace, così come la musica. Questo album rischia comunque di non piacere ai puristi del METALLO (sacro nome) appunto per i pregi da me esaltati non presenti negli altri capolavori metal. Passiamo ora ai brani che lo compongono, l’album parte subito alla grande con “Controller”, che fa capire ormai di che pasta sia fatto, si prosegue poi con “Caprice”, nella cui introduzione si possono sentire le bellissime tastiere, controllate alla perfezione, che non prendono mai il sopravvento sugli altri strumenti, del talentuoso Charlie Clouser, così come in quella di “Close the Door”, uno dei pezzi di punta dell’intero disco insieme con la title–track, “Dark Signs”, dal pesante groove, la stupefacente e rabbiosa “Slicing” e con la vera e propria perla, “Innocence Gone”, il riassunto dell’intera carriera dei Prong, il massimo esempio di post–rock, nella quale il canto di Victor si fa più nichilista che mai.
Insomma, un disco imperdibile, uno dei lavori più innovativi degli anni 90 e dell’industrial metal.
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