Se c'è un genere che dovrebbe essere quantitativamente e qualitativamente in stato di grazia in questa seconda metà della seconda decade del ventunesimo secolo quello è il punk. Invece escludendo le forme di hardcore più intransigenti e l'occasionale e gradevole lavoro di revival e reinterpretazione del post-punk, sembra che non ci sia molto spazio per quella che una ventina di anni fa era la proposta di case come la Epitaph e la Fat Wreck, la prima è sempre più una major indipendente che ha perso ogni specializzazione, sull'altra c'è da stendere un velo pietoso (o forse sono io che mi sto allontanando dalle sonorità che mi esaltavano a 14-15 anni boh),ma il genere togliendo le sue connotazione più estreme è in stato di stagnazione (anche lì, sarò io che ho perso le antenne per queste cose?) con vecchie glorie che non si sanno rinnovare e si danno a imbarazzanti anacronismi e banalità liriche. Cosa estremamente strana dato quello che sta succedendo attualmente nella politica mondiale, abbiamo un presidente dello stato più potente del mondo che continua a parlare di "clean coal" e di muri, che accarezza l'idea di una guerra nucleare con la Corea del Nord, un narcisista sociopatico dalla dialattica che dovrebbe far venire la nausea al mondo anglofono. Insomma, i sentimenti dei giovani che hanno vissuto l'era Reagan dovrebbero essersi reincarnati nella controparte odierna. Forse la rabbia politicizzata si è spostata su altri generi e forse è anche meglio così.
In questo panorama viene i canadesi Propagandhi sono solo da ringraziare, a venticinque anni dal loro primo album sono ancora in forma smagliante, e sanno ancora portare ventate d'aria fresca pur essendosi stabilizzati ormai da sedici anni, dal 2001 anno di "Today's Empires, Tomorrow's Ashes", su sonorità che uniscono magistralmente Melodic Hardcore, Thrash e vene Progressive, un "Progcore" dotato di inventiva in fase di scrittura, melodia coinvolgente, testi intelligenti e attitudine a palate. La goliardia sonora (a cui però erano accompagnati già testi dagli argomenti molto seri) venata di ska, dei primi due album, ormai e roba di vent'anni fa, il devastante assolo finale di "Purina Hall of Fame" risalente al 2001 è una dichiarazione d'intenti. I Propagandhi fanno Punk pesante e pensante. Veicolano un messagio politico feroce ma non lo fanno del tutto con la pancia, sono capaci di farlo con una musica abrasiva e melodica al tempo stesso, con un'energia che ha toni sia apocalittici che pieni di luce. "Victory Lap" è dotato di tutto questo, porta una formula già collaudata e standardizzata ma in cui la band di Winnipeg è riuscita a trovare ancora spazio per la fantasia con un song-writing dalle tempistiche che non lasciano scampo e coinvolgono dall'inizio alla fine. "Victory Lap" è un disco che offre ancora la musica dei Propagandhi in una forma pura, fresca e intransigente.
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