Recensire un disco dei Prozac quà su debaser, pare sia come indossare una pelliccia di orso e vagare per le foreste in piena stagione di caccia. I due temerari che mi hanno preceduto con il disco (Miodio), hanno ricevuto una vagonata di commenti non proprio lusinghieri. Tanto che confesso che ritornare a parlare dei Prozac non e’ stata una decisione “istintiva”. Che faccio? Mi metto al sicuro e faccio la 14ma recensione di “A matter of life and death” degli Iron Maiden? O mi butto sui Prozac?
Vabbe’, la decisione e’ stata presa, e seppur con la tremarella, mi accingo lo stesso, a presentarvi il loro terzo lavoro datato 2000, che considero il più riuscito, il quale portando un titolo alla Max Catalano non poteva essere che ovviamente “3“. Il disco si compone di 13 pezzi, tutti di breve durata, come nel loro stile e come nello stile punk-rock, (o pseudo qualcosa) a cui si ispirano, di cui l’ultima traccia è una cover dei Cure, “Boys don’t cry”. Strutturalmente i brani sono molto semplici eppur mai banali. La caratteristica di fondo è un suono molto compatto, pochi riff ma scelti con cura, il trittico chitarra/basso/batteria va come un orologio svizzero, nessuna sbavatura, considerando che il ritmo è sempre elevato. Il suono è molto pulito, forse troppo per il genere, ma personalmente lo ritengo una scelta azzeccata dalla produzione, l’intento è chiaramente quello di far breccia su un vasto pubblico.
I brani si susseguono via l’uno dopo l’altro senza mai stancare, sorprende la loro capacità di sintesi. Il tutto è molto orecchiabile, dei brani leggeri racchiusi in una scorza dura, nessuna opera d’arte ma un dischetto assolutamente dignitoso. Le linee melodiche sono eseguite a dovere dalla voce di Eva, che ha un buon timbro e una buona ritmica. Tre brani (compresa la cover) sono cantati da GianMaria, forse solo per mania di protagonismo, perchè in effetti non aggiunge nulla di più a quanto già fatto egregiamente dalla collega. Tralascio volutamente i testi, in quanto non c’è molto da segnalare, sono al solito molto stringati, ammetto che non è questo il loro punto di forza. A questo punto la domanda sorge spontanea: perchè i Prozac fanno talmente schifo ai Debaseriani? Indubbiamente il pregiudizio regna sovrano.
1) Un motivo è sicuramente da attribuire all’affermazione commerciale del ’98 con il pezzo "Acido Acida", uno dei punti più bassi toccati dalla band, ma tant’è, le vie del successo sono imperscrutabili… “Sono quelli di Acido Acida? Bleah, ! “Bollati per sempre, senza possibilità di appello.
2) Di conseguenza, una certa idiosincrasia su tutto ciò che deriva dal punk rock e ha la fortuna di riuscire a vendere qualche manciata di dischi. Come norma i gruppi punk-rock da 5 stelle devono al massimo vendere 15 CD, se superano detta soglia compare inevitabilmente la puzzetta al naso.
3) Il loro sound è apprezzato da qualche teenager quindi non può essere che merdaccia
4) Sono Italiani (Orroooooore), allora scopiazzano. La verità è sempre la solita, se un gruppo di Manchester è simile ad un altro di Londra, “prende spunto o addirittura si ispira” ..se il gruppo è invece di Pordenone.. purtroppo… “copia”. Che poi, ma cosa ci sarà mai da scopiazzare e da mungere dal punk rock, geneticamente già scarno … ?
5) Sono effettivamente scarsi e io ho il caciocavallo nelle orecchie. Ah! beh, in questo caso..
Orbene, detto ciò , lungi da me l’intenzione di aver voluto fare una Apologia dei Prozac, li ritengo un buon gruppo italiano, più fortunato di tanti altri per essere riusciti ad emergere dal ruolo di garage band e bravi a saper ben confezionare un genere un pò astio per le orecchie italiche di massa.
Il disco 3, merita almeno un ascolto. Buona caccia…
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