I Pulley si collocano in un ibrido ideale tra Bad Religion (d'altronde li pubblica la beneamata Epitaph), Green Day degli esordi ed i Nofx più diretti e meno sghembi.
Disco quindi di punk californiano assolutamente divertente che non ammette cali di tensione nei tredici, brevi, brani che lo compongono, dove la schiettezza della musica è felicemente bilanciata dalle liriche del leader Scott Radinsky, spesso inzuppate dall'amarezza delle vicende personali.
Una sensazione questa che fa da filo conduttore e dà sostanza ad un album comunque anche abbastanza ricco di cori e melodie azzeccate, dove la lezione impartita dai Bad Religion è stata assimilata in pieno (“Lost Trip” su tutte) e dove affiorano abbondanti echi dei Nofx meno alcolizzati (“Runaway”).
Gli attacchi frontali si ripetono così secondo una formula collaudata con poche variazioni che, quando arrivano, sono ben accette, come nell'ipotetico singolo “Hooray For Me”, dichiarazione d'intenti a cuore aperto tanto candida quanto sincera o come nel piccolo diario di viaggio “The Ocean Song”.
Peccato per l'evidente calo finale con tre brani che sanno di riempitivi e che soffrono della mancanza di cori che rimangano impressi nella memoria, altrimenti avremmo potuto parlare di un piccolo tesoro nascosto del punk rock. Resta comunque valido il consiglio di farlo proprio per tutti gli appassionati di questo genere musicale.
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